Traduzione dell’articolo di Marin Pădeanu, “The evolution and involution of mediation in Romania”, 31.7.2017 https://www.academia.edu/34089971/The_evolution_and_involution_of_mediation_in_Romania
In Romania, la prima iniziativa sulla mediazione risale al 2000, grazie a progetti di vari organismi non governativi, la cui attività era la promozione, l’attuazione e l’uso di metodi alternativi di risoluzione delle controversie in vari settori. Secondo le statistiche, prima della legge sulla mediazione del 2006, in Romania sono state eseguite più di 3000 mediazioni, con un tasso di successo superiore al 70%, nei casi in cui le parti avevano accettato di partecipare almeno alla prima sessione di mediazione.
Dal 2003 il Ministero della Giustizia romeno ha preso l’iniziativa, con un deciso impegno per attuare la mediazione come un modo alternativo di risoluzione delle controversie in tribunale. Così, con il sostegno dell’ambasciata degli Stati Uniti a Bucarest, fu istituito il Centro Pilota di Craiova, la cui attività iniziò nel novembre 2003 organizzando incontri di mediazione sui casi trasmessi dalla Corte di Craiova e dal Tribunale di Dolj, o presentati direttamente dalle parti o dai loro avvocati.
Seguirono molti incontri tra il Ministero della Giustizia e i principali organismi che operavano nel campo della mediazione, e furono elaborati molti progetti di legge. Così, il 22 maggio 2006 fu pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la Legge 192/2006 con all’oggetto la mediazione e la normativa relativa alla professione di mediatore. Fu avviato un sistema unitario e furono chiariti l’ambito di operatività della mediazione nel sistema ADR, le qualifiche richieste per divenire mediatore, così come ruolo, diritti ed obbligazioni del mediatore nel gestire la risoluzione delle controversie.
In base alla Legge 192/2006 fu normato il Consiglio di Mediazione come organismo autonomo a livello nazionale, la cui attività doveva essere di interesse pubblico ed i cui compiti principali erano la certificazione dei mediatori, la qualità dell’attività di mediazione, la certificazione dei formatori e degli organismi di formazione alla mediazione , la gestione e la pubblicazione degli elenchi dei mediatori. Era composto di 9 mediatori, scelti tramite voto dai mediatori e confermati dal Ministero della Giustizia. In seguito, con le modifiche apportate alla legge nel 2009, il Consiglio di Mediazione divenne del tutto indipendente dal Ministero (attualmente, nei dibattiti presso la Camera dei Deputati, quest’ultimo non si fa carico degli emendamenti di legge presentati dal Consiglio).
I nomi dei mediatori sono riportati in un elenco, pubblicato annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Romania, nel sito internet del Consiglio della Mediazione e su quello ufficiale del Ministero della Giustizia, che viene poi inviato a tutti i tribunali e a tutte le altre istituzioni che operano nella mediazione. All’atto dell’iscrizione si paga un’imposta.
Ai sensi dell’art. 7 della L. 192/2006, “ mediatore può essere colui che ha:
a) la capacità di esercizio dei diritti civili;
b) istruzione di livello universitario;
c) un’esperienza lavorativa per lo meno di 3 anni;
d) buona costituzione fisica;
e) gode di stima e non ha subito una sanzione definitiva relativa a comportamenti pregiudizievoli al prestigio della professione;
f) seguito i corsi di mediatore, previsti dalla legge, o un master universitario post laurea sulla mediazione, ai sensi della normativa di legge e accreditato dal Consiglio di Mediazione;
g) è accreditato come mediatore, ai sensi della presente legge”.
Per cui, fin dall’inizio, la mediazione è stata una professione aperta ad un ampio gruppo di persone, provenienti da varie esperienze professionali (medica, legale, formativa, attività sociale, impresa, assicurazioni, ecc.).
La legge stabilì anche le modalità organizzative dell’attività del mediatore, a livello sia locale che nazionale, con lo scopo di difendere i diritti e gli interessi dei mediatori e delle associazioni alle quali questi possono accedere liberamente. Cioè, la professione del mediatore è una professione libera, i cui membri non fanno parte di una singola associazione.
Inoltre la prima versione della Legge sulla Mediazione era basata sulla volontarietà e non c’era obbligo per i cittadini (in lite tra loro) di partecipare alla mediazione e non erano previste sanzioni per le parti che non accettavano di prendervi parte. Allo stesso tempo gli organi giudiziari ed arbitrali avrebbero informato le parti sulla possibilità ed i vantaggi di servirsi della mediazione, essendo in grado di istradarli ad essa al fine di risolvere le controversie. Il vantaggio principale per le parti, previsto dalla versione originale della legge, era la restituzione di tutte le spese processuali sostenute. Per cui il vantaggio finanziario era la motivazione principale, in base alla quale i soggetti, coinvolti in una procedura giudiziale, decidevano di rivolgersi alla mediazione.
Nel complesso, e considerate le modifiche apportate successivamente, la versione originale della Legge sulla Mediazione è stata la migliore, ma aveva dei vuoti che hanno generato la maggior parte dei problemi tutt’ora presenti. Per lo meno tre:
1 . la mancanza di una conferenza nazionale che coinvolgesse tutti i mediatori nella formulazione di decisioni che li riguardavano (innovazioni di legge, tasse); di conseguenza, tutti i cambiamenti normativi non sono stati il risultato di una consultazione tra i mediatori, tali da venire incontro alle loro necessità, ma il parto di una decisione contingente di alcuni membri dei successivi Consigli;
2 . la mancanza di una normativa esplicita, che distinguesse i componenti del Consiglio di Mediazione dai formatori / titolari delle scuole di formazione alla mediazione, per cui il Consiglio è allo stesso tempo “arbitro” e “giocatore”; il Consiglio, infatti, approva i programmi di formazione, la certificazione dei formatori ed il rispetto dei livelli qualitativi della formazione e, al tempo stesso, i suoi membri sono formatori e titolari di scuole di formazione, dove altri formatori lavorano come dipendenti;
3 . la mancanza di una chiara fonte di finanziamento del Consiglio di Mediazione, non avendo richiesto la legge ai mediatori di versare delle somme al riguardo, né allo Stato di dedicare una voce specifica del bilancio pubblico; di conseguenza il Consiglio ha finanziato la propria attività quasi esclusivamente con la tassa versata dai mediatori all’atto di iniziare la professione nel periodo 2012-2014 e attualmente le entrate sono molto scarse, con il rischio di insolvenza dell’istituzione.
La gestione finanziaria del Consiglio di Mediazione non è soggetta a controllo (da parte del corpo professionale o dello Stato), il che ha permesso spese enormi in indennità ai membri del Consiglio e in retribuzioni ai dipendenti. Per coprire tali uscite, consistenti e non giustificate, il Consiglio ha condizionato l’esercizio della professione di mediatore ad un’ “imposta”, non prevista dalla legge, mentre la qualifica di mediatore era indicata dalla normativa a tempo indeterminato. La situazione è tanto più spiacevole in quanto l’attuale Consiglio, tramite il suo presidente, ha citato centinaia di mediatori al fine di recuperare alcune delle asserite somme, non richieste dalla legge, al solo fine di recuperare fondi per l’istituzione, ma senza una proporzionale riduzione dei costi. Con tali iniziative il Consiglio di Mediazione dà un’immagine di sé fortemente negativa presso gli organismi giudiziari, ingolfati da tali richieste di “contributi” e conseguenti controversie, le cui parti sono proprio i mediatori, contraddicendo quindi ad uno degli obiettivi dell’istituto.
Tornando alla storia recente, il 2012 è una pietra miliare negativa per quanto riguarda l’ evoluzione della mediazione in Romania. In quell’anno fu introdotto l’incontro obbligatorio informativo sui benefici della mediazione e la sanzione di inammissibilità della citazione in giudizio per il ricorrente che non provava di essere stato informato (il mediatore rilascia alle parti un certificato che attesta che le parti hanno ricevuto delucidazioni sui benefici della mediazione). Senza ombra di dubbio da quel momento è iniziato il declino della istituto e della professione, con le conseguenze subito manifestatesi:
– formalismo eccessivo; di regola l’attore o il suo avvocato contattano un mediatore al fine di invitare il convenuto alla riunione informativa; purtroppo tale obbligo viene ottemperato dalle parti, dagli avvocati e, sfortunatamente, anche dal mediatore, sia in modo superficiale o come un passaggio non gradito di ritardo del processo; spesso la finalità si sostanzia in un pezzo di carta presentato all’ organo giudicante , senza che le parti abbiano la benché minima consapevolezza di come la mediazione potrebbe aiutarli;
– nonostante la normativa stabilisca che il servizio fornito durante l’incontro informativo inziale è gratis, in molte situazioni è stato richiesto del denaro;
– lo scopo della modifica normativa, di informare le parti in conflitto dei benefici della mediazione, con la conseguente loro effettiva partecipazione ad essa, non è stato raggiunto, come lo si può desumere dai modesti numeri di accordi di mediazione conclusi dal 2012 in poi;
– il consistente aumento del numero dei corsi di formazione iniziali e dei nuovi mediatori ha abbassato il livello qualitativo della prestazione e ha determinato una riluttanza da parte dei soggetti in lite a rivolgersi alla mediazione;
– da ultimo, i magistrati hanno sempre meno raccomandato alle parti di adire tale procedura; inoltre, il su menzionato emendamento fu introdotto insieme alla revoca della restituzione delle spese giudiziarie sostenute in materia di divisione e di trasferimento di diritti di proprietà, che fino ad allora era uno degli incentivi principali a ricorrere al mediatore.
Quanto sopra si è sovrapposto all’incapacità del Consiglio di Mediazione di gestire la situazione in maniera responsabile. Composto di formatori e titolari di organismi di formazione, il Consiglio si è occupato esclusivamente di formazione, tralasciando completamente gli altri obblighi previsti dalla legge. In meno di due anni, 6/7 mila mediatori furono certificati, con l’esplosione di una nuova attività, confinata soprattutto alla formazione. In pratica, la sessione informativa obbligatoria fu un innesto, non riuscito, su una procedura di mediazione ed una legge basata sul libero consenso e su di un sistema legale, economico e sociale ancora impreparato a recepire un qualsiasi nuova forma di tassazione. Anche se in prospettiva poteva anche portare dei vantaggi.
La Corte Costituzionale, con la delibera n. 266 del 7.5.2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 464 del 25.6.2014, dichiarò incostituzionali le disposizioni dell’art. 2, par.1 e 12 della Legge 192/2006. La Corte confermò le critiche all’obbligatorietà dell’incontro iniziale informativo come condizione di procedibilità e stabilì che esso era una violazione del diritto dei cittadini al libero accesso alla giustizia e che l’obbligo imposto alle parti, persone fisiche o giuridiche, a partecipare ad esso era contrario all’ art. 21 della Costituzione romena.
Le statistiche ufficiali confermano quanto detto:
2010, accordi raggiunti tramite mediazione presentati in tribunale 258;
2011, 1.527
2012, 1.729
2013, 1.783
2014, 5.696.
Per gli anni 2015 e 2016 non sono state pubblicate statistiche ufficiali. Per quanto riguarda il numero dei mediatori
2010, 2.240
2011, 3.288
2012, 3.171
2013, 7.380
2014, 8.522
2015, 6.805
2016, 5.803
2017, 5.123.
In 4 anni ( 2010-2013) nei tribunali romeni 5.776 casi hanno trovato soluzione tramite la mediazione, su un totale di 9,5 milioni di giudizi; cioè 1 mediazione ogni 1.800 controversie gestite dai magistrati. Nel 2013 i tribunali romeni hanno gestito non meno di 2.408.240 cause; le 1.762 risolte dai mediatori ammontano esattamente allo 0,073%. Attualmente presso la Camera dei deputati è in discussione una nuovo emendamento alla L. 192/2006 sulla mediazione e l’organizzazione della professione di mediatore, promosso dallo stesso Consiglio di Mediazione. Il Governo ha fatto presente di non sostenere tale emendamento.
Il Consiglio di Mediazione desidera i seguenti cambiamenti :
– mediazione condizione obbligatoria di procedibilità in determinate materie;
– accordo di mediazione esecutivo;
– costituzione dell’Istituto per la Formazione Continua da parte del Consiglio stesso;
– cambiamenti nell’organizzazione della professione di mediatore e delle modalità della sua rappresentanza presso le strutture giudiziarie, con la costituzione di strutture territoriali rappresentative -prive di personalità giuridica- nel distretto di ciascuna Corte di Appello.
Dati la specificità della professione di mediatore, i numerosi cambiamenti normativi che hanno contrassegnato il suo cammino e la sfortunata situazione in cui si trova, ci si domanda se tali proposte di modifiche normative siano opportune. Non credo che la mediazione in Romania debba essere sottoposta a un nuovo “esperimento”, che potrebbe essere fatale. E’ ovvio che la situazione richiede cambiamenti legislativi, ma equilibrati, senza nuove tasse e con incentivi per le parti in lite, con l’obiettivo principale di riacquistare la fiducia dei potenziali beneficiari ed il graduale ma sicuro incremento dell’attività dei mediatori.
I cittadini si rivolgeranno alla mediazione solo se sarà capace di soddisfare i loro bisogni e per questo sono necessari incentivi ed un’alta qualità del servizio. Ad oggi, in Romania, nessuna forma di tassazione raggiungerà tali obiettivi e non porterà a progressi nella mediazione.
Allo stesso tempo il Consiglio di Mediazione deve innanzitutto garantire una formazione di qualità a verificare l’acquisizione di specifiche competenze da parte dei nuovi mediatori, nonché creare meccanismi che assicurino un livello elevato del servizio. Ho sottolineato in numerose occasioni che è necessario, insieme ad altre misure volte ad incrementare direttamente e indirettamente la qualità del servizio, di modificare la normativa sulla formazione iniziale dei mediatori e le regole degli esami. Attualmente il corso inziale di formazione dura 80 ore, sufficienti in quantità ma la qualità è molto più importante. Allo stesso tempo le modalità con le quali gli esami di verifica sono gestiti devono essere profondamente modificate, eliminando formalismi ed assicurando un’ oggettiva ed effettiva verifica della competenza del candidato. Attualmente l’esame di verifica è organizzato dallo stesso istituto che ha provveduto alla formazione ed il discente è esaminato da un comitato, i cui membri sono nominati dal medesimo istituto.
Lo sviluppo e l’implementazione di un’effettiva iniziativa pubblica richiedono coinvolgimento, consultazione e collaborazione tra tutti i soggetti interessati: Ministero della Giustizia, cittadini, autorità pubbliche, corpi sociali, in modo che l’approccio sia trasparente e si eviti il rischio di successive lamentele.