Forse è proprio vero che per innovare bisogna distruggere, ma non avevo mai pensato anche all’autodistruzione: però in effetti può far parte (benissimo) del gioco
Lenti mentali e leggi non giuridiche
Prima lo pensavo e lo scrivevo sottovoce, ma adesso penso sia giunta l’ora di incrementare un po’ il volume:
gli avvocati capiscono solo di diritto?
Comincio a pensare di sì e, pur con le dovute eccezioni, devo dire che lo sono in maniera democratica. Non potrebbe essere direttamente: i vertici riflettono in qualche modo la base che li ha eletti.
Su 250.000 ci può essere solo un manipolo di innovatori (tra i quali credo di aver titolo di auto-collocarmi) che in quanto tali sono visti come dei pazzi furiosi e per giunta pericolosi da tutti gli altri che se ne stanno comodamente sulla gobba della curva di Rogers.
Solo chi da qualche anno si è staccato dalla routine, dall’ambiente, dai luoghi e dal pensiero-tipo forense può vede oltre il recinto del diritto ed osservare il mondo senza ridurlo a piccole macchiette di fattispecie giuridiche.
Ogni nuovo problema, piccolo o grosso, che si presenta ad un giurista viene visto da costui come un nuovo territorio vergine da conquistare e colonizzare; anzi un nuovo parco giochi in cui provare un nuovo giocattolo.
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problema giuridicizzato: gli avvocati non sono pagati il giusto;
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soluzione giuridica: una legge sull’equo compenso.
Chissà come faranno gli scienziati a lavorare, visto che non possono scrivere nuove leggi di natura da piegare ed asservire alle loro esigenze.

Chiedo aiuto ad un grafico per aiutarmi a disegnare un occhiale più fedele, perché questo che ho fatto io qui sopra, lascia troppi vuoti, lascia passare troppa luce.
Le leggi di mercato
Ah bestemmia, la parola “mercato” vicino a quella “avvocato”!
Noi siamo professionisti, mica imprese! Eroghiamo prestazioni professionali, non vendiamo servizi! Abbiamo una deontologia (che non è etica, ma lasciamo stare, per non mettere troppa ciccia sul fuoco), noi…
Peccato che il mercato, ossia l’insieme dei clienti e dei possibili clienti, non lo sappia o – id est – se ne freghi.
Gli avvocati continueranno a gridare, come tante galline che starnazzano improperi giuridici, mentre il mercato inizierà a tirargli il collo ad una ad una? Ancora non riusciamo ad andare oltre e superare i medievali approcci protezionistici?
Pensiamo ad un musicista (per usare un tema a me caro) che scrive e produce musica: può anche pensare che siamo ancora negli anni ‘80 quando le musicassette erano di qualità inferiori agli originali e il disco aveva un suo fascino, ma oggi le copie digitali sono indistinguibili dagli originali e il supporto è irrilevante: per cosa si fa davvero pagare da un cliente?
Ho visto artisti che regalano i file (ci fanno più bella figura che farseli duplicare) per poi vendere i biglietti dei concerti, perché quella è una esperienza non replicabile, colma di valore. Non dico di fare altrettanto; tieni a bada il tuo leprotto cerebrale e non saltare a rapide quanto inesatte conclusioni.
Si tratta di costruire una nuova strada
Anche la SIAE invoca l’equo compenso per i musicisti, ma le copie circolano ugualmente e si tratta di un emorragia che non può fermare con cerotti o punti di diritto. Si fanno tante battaglie ma la guerra continua. E credo che durerà per un bel po’: quale sarà il nostro ruolo?
Io non sono per l’epica resistenza sulle barricate giacché credo che verranno tutte spazzate via per far spazio a nuovi agoni, nemmeno immaginabili così su due piedi.
Gli SL(A), questi sconosciuti.
Vorrei lanciare un maxi sondaggio per scoprire quanti (pochi) avvocati conoscano i cd. Service Level Agreement: ossia gli accordi sui livelli di servizio. La cosa paradossale è che lo usano, senza nemmeno conoscerli. Basta avere Prime di Amazon: paghi un po’ di più per avere consegne garantite e spesso nelle 24 ore.
Amazon ha (ri)scritto le leggi.
Altra bestemmia: nessun professionista è grande e grosso come Amazon, e mai ci diventerà credo. Infatti non è questo il punto, ma che i clienti del gigante dell’e-commerce sono gli stessi degli avvocati.
Non solo lo smartphone ha cambiato le coordinate cognitive e le abitudini dei consumatori, ma anche la gig economy.
Tra un po’ i “servizi” si prenderanno belle fettine di mercato, quelle più facili e meno pretenziose da servire: contratti di base, questioni bagatellari, consulenze non specialistiche.
Ma perché gli avvocati non sono pagati (il giusto)?
Qualcuno alla base della piramide o in cima, se l’è chiesto?
L’altra domanda che mi pare latitare è: “che effetti pratici otterrà sul lungo periodoquesta legge sull’equo compenso”?
Il “lungo periodo” mi pare un orfano che non riesce a trovare nessun genitore adottivo in ambito forse.
Per guardare un po’ più lontano credo occorra usare una lente mentale un po’ può ampia che include domini in cui il diritto non arriva proprio, neanche un pochino:
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le abitudini d’acquisto
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i processi decisionali
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la percezione del valore
Parto dalla fine: qual è il valore percepito dal cliente di un avvocato che poi non vuol pagare?
Non contiamo più un tubo.
Nell’elenco precedente manca una voce: perché i big vogliono sfruttare gli avvocati! Benvenuti nel mercato: ancora negli anni ‘80, con altre logiche, si ottenevano convenzioni vantaggiose ed essere un fiduciario era vantaggioso e forse prestigioso. Oggi le logiche sono diverse e la ricerca spasmodica e certosina dei profitti porta alla spremuta dei fornitori. Ma gli spremiagrumi non sono solo banche ed assicurazioni o pp.aa.: come dovrebbero cavarsela gli altri?
Non siamo una categoria, non raggiungiamo alcuna massa critica, e da soli contiamo ancor di meno: cosa possiamo fare?
Non lo so.
Ma se allungo la linea in direzione di quello che vedo, mi chiedo, dove stiamo andando, quale sarà il prossimo passo?
Anche questo non lo so.
Il futuro è sconosciuto, ma se ne può parlare.
A saperlo fare.
Il che significherebbe acquisire nuove competenze, capacità e sensibilità non giuridiche. E invece mi pare di vedere che siamo solo capaci di mettere dei cerotti. In un corpo che avrebbe bisogno di trapianti e trasfusioni.
Ma in un esercito di 250.000 soldati, chi è che decide dove si va?
Ognun per sé e Dio per tutti…?
Io non ambisco a diventare generale o ministro della difesa o dello stato maggiore, anzi credo che la metafora sia pure errata. Ed al momento, in questo momento convulso, non me ne vengono in mente altre.
Per questo mi sono appena iscritto ad un corso per migliorare la mia immaginazione: due giornate piene di 8 ore di laboratorio. So già che sono solo l’inizio di un nuovo percorso. E so pure che ci ho messo 10 anni ad arrivare a questo nuovo inizio, smettendo, per riuscirsi, di fare l’avvocato “normale”.
Per quanto mi riguarda una casa, piccolina, al “lungo periodo” posso pure darla: la mia capoccia.
Articolo a cura di Andrea Buti, tratto dal blog: Metavvocato’s Line.