A fine Maggio il Ministro Andrea Orlando aveva annunciato la previsione della riduzione del 20% nel 2015 delle cause civili in ingresso sulla base delle prime rilevazioni in un campione di 15 Tribunali Ordinari. In pieno Agosto ha indetto una nuova conferenza stampa per annunciare la possibile diminuzione sempre del 20% delle cause civili pendenti, pari a circa un milione. La diminuzione delle nuove cause è un obiettivo essenziale da raggiungere per liberare risorse da dedicare all’azzeramento dell’enorme mole di arretrato entro il 2018 e quindi raggiugere l’obiettivo finale della drastica diminuzione della durata dei processi civili. Quasi come replica al grande ottimismo del Ministro Orlando, a fine Agosto dalle pagine del Corriere della Sera, il Prof. Sabino Cassese nell’editoriale <<La Giustizia che si deve ritrovare>> ha invece dipinto un quadro in chiaro-oscuro ricordando che anche se qualcosa pur si muove sulla giustizia civile, i risultati sono magri e la china da risalire è irta. A chi dare ragione?
L’analisi dei dati sui Tribunali Ordinari. I dati messi a disposizione dall’efficiente Direzione di Statistica del Ministero della Giustizia dal 2001 ad oggi sull’andamento delle nuove iscrizioni e pendenze dimostrano chiaramente:
- nel 2010, dopo anni 6 anni di costante crescita delle nuove iscrizioni (tranne nel 2006), inizia l’attesa inversione di tendenza sia della diminuzione delle sopravvenienze con un -3,9% (con la sola eccezione del 2013 per gli effetti di una sentenza della Consulta che vedremo successivamente) sia delle pendenze con un -1,5%;
- nel 2014 assistiamo ad una forte accelerazione nella diminuzione delle sopravvenienze e delle pendenze, rispettivamente del -7,4% e -5,0%, con la previsione (molto ottimistica del Ministro Orlando) per il 2015 di un “crollo” a due cifre del -20%.
Movimento dei procedimenti iscritti e pendenti nei Tribunali Ordinari
dal 2001 al 2014 (con stima 2015)
Fonte: Rielaborazione dell’autore su dati del Dip. di Statistica del Ministero della Giustizia
Movimento percentuale rispetto all’anno precedente dei procedimenti iscritti e pendenti nei Tribunali Ordinari dal 2001 al 2014 (con stima 2015)
Fonte: Rielaborazione dell’autore su dati del Dip. di Statistica del Ministero della Giustizia
Per capire meglio e consolidare permanentemente le buone previsioni, occorre quindi analizzare cosa è avvenuto nel 2010 e nel 2014. Innanzitutto è bene smentire la teoria che attribuisce alla crisi economica la diminuzione del contenzioso. Dall’analisi degli ultimi anni in Italia, non vi sono infatti evidenze statistiche di una relazione diretta tra il trend del ricorso in tribunale e l’andamento dei cicli economici. In particolare, la crisi finanziaria iniziata nel 2007 in Italia non ha avuto alcun impatto sul livello di ricorso al tribunale nello stesso anno e nei due successivi. Il grafico seguente che rappresenta l’andamento del GDP in Italia (linea azzurra), non ha infatti alcun elemento in comune con il precendente sull’andamento delle iscrizioni nei Tribunali Ordinari.
Nel 2010 entra in vigore il primo modello di mediazione obbligatoria. Non può essere un caso, che l’inversione di tendenza evidenziata nei grafici coincida con il 2010 quando il Ministro della Giustizia Angelino Alfano decide di potenziare gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (fino ad allora di fatto pochissimo utilizzati) e introduce il tentativo di mediazione obbligatorio in alcune materie del contenzioso. La riprova l’abbiamo nel 2013 quando la Consulta sospende il tentativo obbligatorio per un mero eccesso di delega e le nuove cause si impennano del 5,3%. Dalla fine del 2013, viene reintrodotto un nuovo modello di mediazione sperimentale che limita il tentativo obbligatorio ad un primo incontro informativo gratuito con il mediatore (e il suo proseguimento volontario) se pure in un numero molto limitato di materie del contenzioso pari all’8% di tutto il civile. Dopo due anni di sperimentazione di questo nuovo modello di mediazione i dati sono più che positivi. Nel 2015 le procedure di mediazione supereranno sicuramente le 200.000 unità, il tasso di successo si sta assestando in circa il 50% quando le parti decidono di proseguire oltre il primo incontro e soprattutto la diminuzione delle sopravvenienze nelle materie oggetto di primo incontro obbligatorio è del 15%, quasi il doppio rispetto alla media del restante 92% di tutto il civile. Sulla scia dell’introduzione della mediazione e di un nuovo approccio non esclusivamente “tribunale-centrico”, il Ministro Orlando ha voluto sperimentare anche altri strumenti di ADR (Alternative Dispute Resolution) come la negoziazione assistita e l’arbitrato in corso di causa. Al contrario della mediazione, i primi dati informali su queste nuove procedure sono deludenti: poche centinaia di negoziazioni assistite nel civile (senza confondere con gli ovvi buoni dati della negoziazione assistita nei divorzi) e nessun arbitrato avviato in corso di causa.
Nel 2014 entrano in vigore i primi disincentivi economici in caso di abuso del processo. Il Ministro Orlando ha il grande merito di aver incominciato a introdurre una serie di provvedimenti volti a sanzionare economicamente chi ricorre o resiste in giudizio sapendo di avere torto e per lucrare sulla durata del processo. Fino a poco tempo fa, infatti, conti alla mano al debitore conveniva resistere in giudizio, piuttosto che conciliare, e pagare il dovuto solo alla condanna con interessi legali all’1,5% all’anno e con nessuna sanzione economica. Di fatto esisteva un folle incentivo a non rispettare i contratti e non pagare e aspettare la condanna. Con la limitazione della possibilità di compensare le spese, la conseguente condanna del soccombente a tutte le spese legali, la sostituzione dei tassi moratori al posto di quelli legali, la durata del processo non gioca più a favore del debitore o del sicuro soccombente. Anche l’aumento di appena il 15% del contributo unificato in primo grado in vigore dal 25 giugno 2014 (da non confondere con altri aumenti molto più consistenti negli altri gradi di giudizio e al TAR) può avere avuto impatto, almeno psicologico. Si ricordi che il contributo unificato non è una imposta come le altre. E’ una sorta di anticipo di chi si costituisce in giudizio e che gli viene rimborsato integralmente, insieme agli onorari dell’avvocato, se vince la causa. Per riflettere il vero scopo del “Contributo Unificato” converrebbe cambiargli il nome in “Anticipo delle Spese Giudiziarie”.
Alla luce di questa analisi, per consolidare questi dati ed estenderli a tutto il civile occorre però fare di più rafforzando ulteriormente le misure che hanno dimostrato di funzionare.
Rafforzare i disincentivi in caso di abuso del processo. Come nella maggior parte delle giurisdizioni europee, occorre rafforzare ulteriormente le sanzioni a carico del soccombente, a favore del vincitore, adeguando in tal senso l’art. 96 del codice di procedura civile, eliminando la colpa grave per provare la resistenza temeraria o il comportamento in mala fede durante il giudizio. Inoltre, senza toccare il contributo unificato e aumentare le entrate del “servizio giustizia”, possibilmente da destinare agli stessi Tribunali che li hanno incassati, basterebbe introdurre il pagamento di un “ticket integrativo” a fine processo a carico del soccombente di un ammontare pari alle spese effettive sostenute dallo Stato per la celebrazione del processo (stipendi dei giudici, cancellieri, aule di tribunali, etc..) che oggi è per l’84,4% a carico della fiscalità generale e solo per il 15,6% coperto dal contributo unificato (dati Cepej 2014). Perché mai tutti i cittadini, e non i soccombenti in giudizio, devono pagare quasi l’85% dei costi dei processi civili per, ad esempio, una banale lite condominiale o una complessa lite contrattuale tra aziende private derivante da un contratto mal scritto? Solo in poche eccezioni, quale l’obiettiva incertezza o difficoltà giuridica la parte soccombente, lo Stato dovrebbe sostenere la maggior parte delle spese.
Rafforzare il ricorso a forme stragiudiziali di risoluzione delle controversie. Una giurisprudenza crescente e l’esperienza sul campo in questi due anni, hanno individuato, anche in tema di mediazione, alcuni margini di miglioramento su cui il Governo Renzi potrebbe intervenire efficacemente: a) introdurre l’obbligo di presenza delle parti in persona agli incontri di mediazione; b) far valutare una tantum ai giudici tutto il loro ruolo per decidere in quale procedimento in corso è opportuno invitare le parti in mediazione tra una udienza e un’altra (un provvedimento a costo zero per lo Stato e per le parti che potrebbe ridurre drasticamente le cause pendenti come dimostrano i dati della 13a sezione del Tribunale di Roma); c) conteggiare anche le ordinanze dei giudici di mediazione delegata nel calcolo della loro produttività (oggi è controproducente per un giudice inviare le parti in mediazione); d) sulla base dei buoni risultati, estendere dall’attuale misero 8% ad almeno il 50% le materie del contenzioso civile, oggetto di primo incontro di mediazione come condizione di procedibilità (una obbligatorietà “light” in almeno la metà del contenzioso civile).
Applicare le teorie dell’Economia comportamentale nella decisione di ricorrere in giudizio. In questo quadro, i dati sembrano confermare che l’effetto combinato della prospettiva di sanzioni per l’abuso del processo (disincentivi) e l’opportunità di sedersi intorno ad un tavolo di mediazione (incentivi) funzioni molto bene e spinga le parti a fare un vero “risk assessment” prima di iniziare o proseguire il processo.
Al contrario, gli incentivi economici preannunciati per la negoziazione assistita e l’arbitrato non risolveranno le sorti di questi due nuovi istituti. I giuristi del Ministero della Giustizia dovrebbero applicare la teoria dell’Avversione alle perdite, principio fulcro dell’Economia comportamentale: per la maggior parte degli individui la motivazione a evitare una perdita è superiore alla motivazione a realizzare un guadagno. Come riprova, i buoni risultati della mediazione sono stati ottenuti, e continuano ad ottenersi, nonostante la mancata erogazione del credito d’imposta dovuto alle parti che si sono rivolte in mediazione. Conseguentemente, i nuovi incentivi promessi per la negoziazione assistita e l’arbitrato in corso di causa non risolveranno certo le sorti di questi due nuovi istituti.
La decisione dei litiganti e dei loro avvocati di perseguire una causa in tribunale o di conciliare la lite si basa su un calcolo prettamente economico volto a massimizzare il profitto e minimizzare il rischio. Quindi secondo la nostra analisi, dalla seconda metà nel 2014 con un corretto bilanciamento di disincentivi e incentivi, si sono applicate (forse inconsciamente) alcune teorie di Economia comportamentale nella decisione di avviare una causa o tentare una mediazione.
Un’opportunità da cogliere al volo per Matteo Renzi e il suo team di economisti. Quindi, secondo i dati ottimistici e ancora “previsionali” del Ministero della Giustizia, l’Italia ha l’opportunità di risalire dall’abisso del 147° posto del ranking del Doing Business 2015 sull’efficienza della giustizia, a posizioni almeno vicine alla Francia o alla Germania, rispettivamente al 10° e al 13° posto. Un’occasione più unica che rara per il premier Matteo Renzi, nel suo rinnovato impegno a portare a termine entro l’anno le riforme strutturali, che insieme ai giuristi dovrebbe coinvolgere anche in questo campo il suo team di economisti a Palazzi Chigi coordinati da Yoram Gutgeld con competenze nell’Analisi Economica del Diritto e nella Politica Economica del Diritto.
Citando gli economisti Luigi Alberto Franzoni e Daniela Marchesi nel loro libro <<Economia e politica economica del diritto>>, l’analisi economica del diritto <<cerca di individuare gli incentivi che le diverse norme di diritto offrono agli agenti economici inducendoli a tenere una condotta rispetto ad un’altra. Il sistema normativo diventa quindi uno strumento nelle mani del legislatore e del regolatore per orientare i comportamenti individuali verso gli obiettivi politici che si intendono raggiungere>>. Il bilanciamento di disincentivi e incentivi descritti vanno in questa direzione.
Conclusione: più sanzioni per l’abuso del processo ed estensione dell’obbligatorietà “light” ad almeno il 50% del contenzioso civile. Siamo ad un passo da un traguardo storico per l’Italia dopo decenni di insuccessi. Un’impresa mai riuscita a nessun Presidente del Consiglio e Ministro della Giustizia a memoria d’uomo. Occorre compiere solo le ultime mosse giuste.
Secondo l’analisi delle statistiche degli ultimi anni e della teoria dell’avversione alla perdita, la via da perseguire è quella dell’inasprimento delle sanzioni per l’abuso del processo (in linea con quasi tutte le legislazioni europee) e l’ampliamento ad almeno il 50% nel contenzioso civile dell’obbligatorietà “light” del primo incontro di mediazione con la partcipazione delle parti in persona.
3 commenti
nel merito ritengo che prospettive sono buone e che le resistenze che persistono ancora possono diminuire: la funzione della negoziazione è quella di indicare in ogni caso che, se si vuole, esiste,adeguatamente formalizzato, un altro strumento, come la negoziazione assistita, che si propone come scelta di possibile strumento di risoluzione di una lite e soprattutto come modalità di gestione della lite che non propone lo scontro necessario, ma che sul piano culturale porta volontariamente alla ricerca di un diverso modo di prospettare e di prospettarsi una lite.Si tratta di un altro strumento per far crescere la cultura della lite come confronto non pretestuoso, ma ragionevole.
Assolutamente condivisibile !! Bravi! (non dimentichiamoci di togliere anche qualche distorsione “lobbistica” di troppo….avvocati mediatori di diritto e presenza obbligatoria degli avvocati in mediazione è contro qualunque buona prassi mediativa…-vedi direttiva Ue sul consumo-)
Si, tutto bello, ma sembra il compito delle belle speranze, intanto si continuano ad avere giudici bighelloni e incapaci che non si sa come sono arrivati a gestire la giustizia e che nessuno può licenziare. La mancata valutazione delle prove continua ad essere il motivo principale di ricorsi in appello e cassazione e possiamo già presentare ricorsi per il ritardo della legge Pinto sui ritardi alla Corte Europea dei Diritti dell’uomo. personalmente ne ho due da liquidare in camera di consiglio della Corte d’Appello di Roma, uno durato 12 anni in primo grado e l’altro 24, attualmente in cassazione, proprio per la assoluta mancata valutazione delle prove in primo grado e in appello. Un procedimento nullo, già sanzionato dalla Commissione europea nel 1998. Entrambi sono in camera di consiglio da oltre un anno e li ho presentati quattro anni fa! Le belle intenzioni lasciano il tempo che trovano, ci vorrebbero fatti ma di quelli se ne vedono pochi. A proposito della mediazione obbligatoria, a che serve se la controparte non è obbligata a presentarsi? Ne ho attivate due contro un giornale già condannato in via definitiva in sede penale, che non si è presentato al tentativo di mediazione per i danni, è uno contro la RAI, condannata ai danni in primo grado e che al tentativo di mediazione, per evitare la citazione per la quantificazione dei danni non ha nemmeno risposto. Cosa pensano di fare Ministro e Governo per rendere effettiva la conciliazione obbligatoria o assistita? Un micio micio bau bau ai delinquenti?