Un magistrato della Repubblica, fin al 2011 convinto della bontà dello strumento mediazione, ne fece un uso adeguato: prima di andare in udienza analizzava tutte le cause che gli venivano affidate e valutava se la controversia potesse essere risolta in via negoziale; se lo riteneva, invitava gli avvocati, che rappresentavano le parti, a valutare tale possibilità (il D.Lgs. 28/2010, art. 5, allora permetteva al magistrato solo di INVITARE i soggetti in lite ad andare in mediazione). Risultato: aprile 2011- ottobre 2012, riduzione dell’arretrato delle cause civili nel suo ruolo non inferiore al 10% [1] . Entrata in vigore del Decreto “Del Fare” (e sua conversione in legge, estate 2013): possibilità per i giudici di fare un proposta di conciliazione (conciliazione endoprocessuale, art. 185-bis c.p.c.) o/e di ORDINARE alle parti di andare in mediazione (D.Lgs. 28/201, art. 5, c.2): sempre lo stesso magistrato, settembre 2013 – ottobre 2014, cause a ruolo circa 750, quelle valutate risolvibili con gli strumenti sopra indicati circa 500, provvedimenti ADR emessi 121 (proposte del giudice 40, mediazioni demandate 35, entrambe 46), accordi raggiunti 70 (58%). All’incirca il 10 % di tutte le cause a ruolo [2] .
Cosa succederebbe, alla montagna dell’arretrato civile, se solo la metà dei magistrati italiani utilizzasse gli stessi metodi ? E senza aggravio di spese per l’erario, anzi.
Il 28.11.2014, a Firenze, sono stati presentati i risultati del progetto Nausicaa 2 relativo alla mediazione delegata e realizzato dall’Università degli Studi di Firenze e dall’ Osservatorio sulla Giustizia civile preso il Tribunale di quella città (11 i magistrati coinvolti). Tra giugno 2013 e giugno 2014 sono stati esaminati 2.753 fascicoli, di cui 1.122 sono stati considerati mediabili; per 505 sono state sollecitate / disposte le mediazioni delegate (D.Lgs. 28/ 2010, art. 5) e, al 30.10.2014, di queste 72 erano ancora incorso e 349 quelle concluse; 64 gli accordi raggiunti (18% delle procedure concluse). Cioè, il 41% delle cause esaminate poteva essere gestito con metodi ADR; per quelle oggetto di mediazione delegata (non è stata presa in considerazione la proposta del giudice) l’incidenza degli accordi è stata soddisfacente [3] .
Eppure le statistiche pubblicate dal Ministero della giustizia (2° trimestre 2011- 2° trimestre 2014) indicano che, del totale delle mediazioni civili e commerciali in Italia, quelle attribuibili all’iniziativa dei magistrati incidono per il 2% circa. La sua modestia è sconfortante.
Perché ?
Il 25 novembre 2011, in un convegno sulla mediazione organizzato ad Ostia, il quartiere di Roma sul Mar Tirreno, un magistrato espose le sue perplessità sulla mediazione civile e commerciale obbligatoria, che ritengo condivise dalla larga maggioranza dei suoi colleghi:
1 – “cesura netta rispetto all’impianto dei principi costituzionali dettati per l’esercizio della giurisdizione, perché produce una deviazione culturale ed un’anomalia profonda rispetto alla millenaria tradizione giuridica italiana che affonda le proprie radici nel diritto romano” . Quel relatore non teneva conto che la Corte Costituzionale aveva già dichiarato legittime e compatibili con il dettato dell’art. 24 Costituzione le condizioni di accesso alla tutela giurisdizionale [4] ; inoltre la sentenza 272/2012 (che dal 28.10.2013 comportò un crollo delle procedure di mediazione) rilevava che la normativa alla base della mediazione obbligatoria era incostituzionale per un eccesso di delega e non perché limitasse l’accesso alla giustizia dei cittadini.
Tuttavia ciò che mi preme sottolineare è che ritenere i metodi ADR estranei alla cultura giuridica italiana evidenzia una non adeguata valutazione della storia giuridica del nostro Paese. Senza risalire alle legislazioni degli Stati preunitari, il primo codice di procedura civile del neonato Regno d’Italia, emanato nel 1865, intitolava i primi sette articoli “Conciliazione e del compromesso”; nello stesso anno furono istituiti i giudici conciliatori e da loro, nel 1880, proveniva il 70% delle sentenze [5] ; con la legge 261 / 1892, art. 12 ‘Per tentare l’ esperimento della conciliazione il conciliatore avrà diritto di chiamare le parti separatamente o congiuntamente in privata udienza. Non riuscendo lo esperimento, il conciliatore potrà rinviare la discussione della causa alla prossima udienza e ripetere anche nella medesima i suoi buoni uffici. Se le parti non si conciliano, procederà senz’altro alla trattazione della causa’ (cioè, nell’ambito della conciliazione giudiziale, era prevista la possibilità di ascoltare le parti, separatamente, in assenza di contraddittorio; un “caucus” ante litteram). Principi di negoziazione erano presenti nella normativa concorsuale italiana di fine ‘800 ed inizi ‘900. Sarà poi il fascismo, nell’ideologia del totalitarismo, a concentrare la gestione delle liti nelle mani dei giudici dello Stato; e per circa settanta anni la conciliazione / mediazione non è stata più insegnata negli atenei italiani. Conseguenza, essa faceva (e fa) parte del nostro retaggio culturale giuridico, ma ce ne siamo dimenticati ! [6]
2 – “la mediazione può essere esercitata … in modo del tutto a-giuridico o meta-giuridico, rappresentando … un’attività di supporto psicologico alla gestione del contrasto tra le parti ma senza garantire ad esse l’applicazione del diritto sostanziale e processuale; … una soluzione di mediazione elaborata da un avvocato può essere molto ben motivata anche dal punto di vista dell’applicazione del diritto e del corredo dei precedenti giurisprudenziali, e può condizionare in modo rilevante anche il giudice qualora la mediazione non sfoci nell’ accordo ‘ante causam’ ”. Purtroppo, per i motivi sopra detti, la conoscenza della mediazione è ben poco diffusa tra gli esperti del diritto in Italia, per cui la si considera (e nei fatti è stata ridotta) ad una mera fase preprocessuale. La ricerca degli interessi è di sicuro un metodo a-giuridico, ma la soluzione della procedura mediazione “must be legal”, come specificò un mediatore americano in un convegno organizzato a Roma nel 2007;
3 – “altro punto delicato .. è l’utilizzabilità del parere del mediatore da parte del giudice, il quale, di fronte ad una soluzione correttamente ed adeguatamente motivata e ricca di riferimenti normativi e giurisprudenziali, può trovare agevole confermare integralmente la proposta del mediatore con ogni ulteriore statuizione sulle spese di giudizio anche a carico dell’ attore vittorioso, che non abbia accettato la soluzione proposta dal mediatore. La tentazione grave che corre la giurisdizione è .. quella di appiattirsi sulla buona proposta di mediazione”. Il problema dei rapporti mediazione processo esiste. Come ben noto quella dovrebbe essere del tutto scollegata da questo, ma, con la necessità incombente di deflazionare il contenzioso, il legislatore italiano (con l’aiuto notevole dell’avvocatura) ha trasformato la procedura di mediazione in un pot-pourri ben poco efficiente. Tuttavia non credo che i magistrati italiani siano disposti a delegare, sia pur parzialmente, le loro prerogative ad altri;
4 – “ulteriore problema .. la valutazione dell’attività del giudice che operi nella direzione” della mediazione. “.. Sino ad oggi le carriere dei giudici si muovono sulla base di periodiche valutazioni di professionalità fondate essenzialmente sui dati statistici dei provvedimenti presi. Un giudice che riuscisse nell’intento di incrementare notevolmente la soluzione in mediazione delle controversie come sarà valutato sul piano professionale? Come un giudice capace e professionalmente valido in grado di deflazionale il contenzioso e ridurre le pendenze in ruolo? O come un giudice che non ha lavorato a sufficienza?” [7] .
Non entro nel merito. Ricordo solo che il D.L.22.12.2011, n. 21, all’art. 12 statuiva : “Il capo dell’ufficio giudiziario … adotta, anche nell’ambito dell’attività di pianificazione … ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice … , e ne riferisce, con frequenza annuale, al Consiglio superiore della magistratura ed al Ministero della giustizia”; norma cassata nella conversione in legge. Inoltre, tra i punti relativi alla riforma della giustizia annunciate dal Consiglio dei Ministri del 30.6.2014, figurava l’ “equiparazione dell’accettazione della proposta giudiziale (ex art. 185-bis c.p.c.) alla sentenza ai fini della valutazione della produttività del giudice”.
Se le statistiche del Ministero della giustizia dicono che solo il 2% delle mediazioni civili e commerciali italiane è attivata su ordine del giudice, tuttavia non si possono sottacere:
– le iniziative ADR avviate da anni in ambito giudiziario;
– articoli, a firma di magistrati, che costituiscono un riferimento dottrinale ed operativo in materia ADR;
– ordinanze e sentenze, in questo settore, divenute sempre più pregnanti nel corso degli ultimi dodici mesi.
Mi riferisco al Progetto Conciliamo presso il Tribunale di Milano, iniziato nel 2005 [8] ed al Progetto Nausicaa [9] presso il Tribunale di Firenze (con la collaborazione dell’ateneo della stessa città, di cui sopra), che ha preso l’avvio nel 2010.
Per quanto riguarda gli articoli scritti da magistrati ricordo, quanto meno :
Giuseppe Buffone, “La mediazione demandata dal giudice come sistema omeostatico del processo civile: il progetto dell’osservatorio sulla giustizia civile di Milano”, Palazzo di Giustizia di Milano, 23.1.2013 [10]
Massimo Moriconi, ”Mediazione e proposta del giudice: le problematiche relative alla acquisizione, rilevazione e valutazione dei dati relativi”, 3.11.2013 [11]
Marcello Marinari, “Giurisdizione e mediazione, dalla risoluzione alternativa alla risoluzione integrate delle controversie?”, 20.2.2014 (in cui la mediazione “disposta dal giudice” viene analizzata anche come strumento di case management) [12]
Giuseppe Buffone, “Il giudice civile di fronte alla mediazione – La mediazione delegata ed il tentativo di conciliazione: perché, come e quando” relazione tenuta alla Scuola Superiore della magistratura, Firenze-Scandicci, 8.4.2014 [13] .
Di notevole interesse, poi, quelli che possono essere definiti “provvedimenti ADR” emanati da magistrati tra l’estate 2013 e l’autunno 2014 [14] . Tra i molti
– Tr. Milano, 26.6.2013: l’ art. 185-bis c.p.c. è “espressione di un principio generale”;
– Tr. Nocera Inferiore, 27.8.2013, art. 185-bis c.p.c. applicabile alle controversie seriali in materia di anatocismo bancario;
– Tr. Fermo, 17.10.2013, vere e proprie “linee guida” sull’applicazione dell’art. 185-bis c.p.c.;
– Tr. Milano, 29.10.2013, mediazione delegata relativa a controversie matrimoniali : ” .. i mediatori ben potrebbero estendere la ‘trattativa (rectius: mediazione)’ ai crediti maturati successivamente all’instaurazione dell’odierna lite e non fatti valere in questo processo ..”;
– Tr. Roma, 5.12.2013 , “… la circostanza che l’attore abbia posposto prima e fuori della causa una domanda di mediazione … non è impeditiva dell’attivazione da parte del giudice della mediazione demandata ..”;
– Tr. Roma, 17.3.2014, ammissibile nella causa, alla quale pertiene la mediazione, l’elaborato del consulente tecnico nominato dal mediatore;
– Tr. Firenze, 17.3.2014, mediazione delegata; in relazione all’esito della mediazione le parti dovranno depositare nota con informazioni in merito alla loro eventuale mancata partecipazione personale senza giustificato motivo; gli eventuali impedimenti di natura pregiudiziale o preliminare che abbiano impedito l’effettivo avvio del procedimento di mediazione; nonché infine, con riferimento al regolamento delle spese processuali, ai motivi del rifiuto dell’ eventuale proposta di conciliazione formulata dal mediatore; interessi anatocistici, da valutarsi previa illustrazione delle metodologie svolte a mezzo di effettiva consulenza tecnica;
– Tr. Firenze, 19.3.2014; affinché la condizione di procedibilità sia verificata, la mediazione deve svolgersi con la presenza personale delle parti e riferirsi al tentativo di mediazione vero e proprio;
– Tr. Roma, 29.5.2014, incidente stradale, danno alla persona, proposta conciliativa da parte del giudice non accettata dalla compagnia di assicurazione (che gestiva il sinistro per conto del FGVS), applicazione dell’art. 96 c.3 c.p.c. e trasmissione della sentenza alla Corte di Conti per valutazione di eventuale danno erariale;
– Tr. Rimini, 5.8.2014, la mediazione deve essere effettiva, non basta che il mediatore ne illustri funzioni e modalità di svolgimento;
– Tr. Roma, 30.10.2014: “ … regola d’oro della mediazione demandata e della proposta del giudice.
“ Tanto più elevate saranno le probabilità di raggiungimento di un accordo fra le parti, in particolare ciò valendo per quella fra di esse onerata con la proposta del giudice di prestazioni da compiere a favore della controparte, quanto più ciascuna di esse possa intravvedere delle utilità, dei vantaggi, dei benefici scaturenti dall’accordo conseguente alla proposta del giudice o alla mediazione, o, che è lo stesso, un contenimento degli svantaggi e delle disutilità che potrebbero derivargli dalla sentenza.
“ In altre parole, mettere una parte con le spalle al muro, con una proposta che si intraveda di contenuto in tutto e per tutto uguale al contenuto della sentenza seguente al mancato accordo è controproducente.
“ La parte onerata deve poter contare su un qualche ‘benefit’ derivante dall’accordo rispetto al contenuto della sentenza; in caso contrario, si porrà l’obiettivo del massimo differimento possibile del ‘redde rationem’ rappresentato dalla sentenza.
“ D’altra parte per la parte percipiente, deve valere il correlativo principio che un bene della vita non esattamente uguale a quello sperato ma in compenso conseguibile subito e con certezza a seguito dell’accordo è migliore e più tranquillizzante di un risultato pieno che, in futuro, anche potrebbe mancare in tutto o in parte ( la condanna di una parte non equivale all’adempimento volontario di quella parte; in mancanza di volontario adempimento la parte vittoriosa è onerata di azioni esecutive dall’esito spesso incerto e insoddisfacente; va ricordato che nel nostro ordinamento esiste appello e cassazione etc etc.)”.
– Giudice di Pace di Lecce, 6.11.2014: “.. se dovesse passare il principio del rifiuto ‘a prescindere’ alla mediazione nelle materie per le quali è obbligatoria, verrebbe meno lo spirito della stessa legge della mediazione, nata per costituire un sistema di riduzione del contenzioso giudiziario in aderenza con quanto stabilito dalla direttiva 2008/52/CE recepita .. dal D. Lvo 28/2010 e successive modifiche ed integrazioni .. introdotte dal legislatore nazionale, che ha a sua volta recepito le direttive provenienti dalla .. sentenza n. 272/2012 della Corte Costituzionale”
Presso alcuni magistrati, quindi, c’è interesse, nonché approfondimento teorico ed operativo sulla mediazione. Come fare perchè si diffondano tra i loro colleghi?
Il filosofo risponderebbe: “focus on interest, not position”. Quel magistrato che il 21 novembre del 2011, in un convegno ad Ostia, esprimeva forti perplessità sulla mediazione obbligatoria, -come sopra ricordato- tra l’altro affermava: “Sino ad oggi le carriere dei giudici si muovono sulla base di periodiche valutazioni di professionalità fondate essenzialmente sui dati statistici dei provvedimenti presi. Un giudice che riuscisse nell’intento di incrementare notevolmente la soluzione in mediazione delle controversie come sarà valutato sul piano professionale?”. Nel Consiglio dei ministri del 30.6.2014 fu annunciata una riforma della giustizia in dodici punti, tra i quali figurava l’ ”equiparazione dell’accettazione della proposta giudiziale (ex art. 185-bis c.p.c.) alla sentenza ai fini della valutazione della produt tività del giudice”. Se i magistrati, in genere, avessero un “interesse” all’uso della mediazione, forse l’analizzerebbero con maggiore attenzione.
Purtroppo nel D.L. 132/2014, convertito nella L. 162/2014, questo punto non è stato recepito, bensì sono stati introdotti nell’ordinamento strumenti ADR che, secondo un altro filosofo, ai fini della deflazione del contenzioso civile, avranno l’efficacia di un secchiello per svuotare il mare.
Giovanni Matteucci
[1] https://www.mondoadr.it/articoli/resoconto-del-convegno-il-ruolo-del-giudice-nella-mediazione.html
[4] “Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 21.01.1988, n.73, in ‘Giur. Cost.’, 1988, I,p.201; sentenza 4.3.1992, n. 82, in ‘Foro it.’, 1992, I, 1023 ss.; ordinanza 22.10.1999, n.398, in ‘Foro it.’, 2000, I, 1777; sentenza 13.7.2000, n.276, in ‘Foro it.’, 2000, I, 2752 ss.; ordinanza 6.2.2001, n.29, in ‘Giur.it.’, 2001, p.1093, con nota di Fontana”; Cosi G. e Romuladi G., “La mediazione dei conflitti”, Giappichelli 2010, pag. 135.
Giovanni Maria Flick, in un suo intervento del 23.11.2011 al Salone della giustizia a Roma: “Imporre l’ obbligatorietà di un rimedio stragiudiziale di soluzione del contenzioso (in specie, nelle forme del tentativo di conciliazione) non contrasta con i principi costituzionali, a condizione che ciò non impedisca o renda eccessivamente difficoltoso l’accesso alla giustizia. A tal fine, il meccanismo è salvo dai sospetti di illegittimità qualora esso sia imposto come ‘condizione di procedibilità’ della domanda giudiziale, piuttosto che come ‘condizione di proponibilità’ (stabilire una “condizione di procedibilità” significa introdurre nel processo un presupposto processuale sanabile con efficacia ex tunc.; il vizio attinente alla mancata osservanza della condizione di proponibilità è invece insanabile, con conseguente chiusura in rito del processo, ovvero non sanabile retroattivamente) nonché qualora esso sia in grado di assicurare alla domanda di mediazione i medesimi effetti, sostanziali e processuali (ciò impone in mediazione regole equivalenti a quelle processuali, per lo meno sotto il profilo degli effetti su prescrizione e decadenza, della tutela cautelare, irrinunciabile anche in pendenza di mediazione, nonché dell’opponibilità ai terzi dell’eventuale accordo, tramite la trascrizione, che la domanda di giustizia produce sul diritto controverso (ex pluribus, Corte cost. 18 febbraio 2009 n. 51; Corte cost. 26 ottobre 2007, n. 355; Corte cost. 30 novembre 2007, n. 403; Corte cost., 13 luglio 2000, n. 276, in Mass. giur. lav., 2000, 1098; in Giur., it., 2001, 1094; Foro it., 2000, I, 2752)“.
[5] Scamozzi L., “Conciliatore – Conciliazione giudiziaria”, in Digesto Italiano, 1886.
[6] Matteucci G., “Cenni storici sulla mediazione” 5.10.2014 in https://www.academia.edu/8642790/Cenni_storici_sulla_mediazione_-_Short_history_of_mediation
[7] Eppure in un intervento del 3.2.2013, l’allora presidente della Corte di Appello di Roma, Dr. Giorgio Santacroce, affermava: “La flessibilità dello strumento – mediazione –, favorendo la composizione delle controversie in modo semplice, rapido e informale, svolge una funzione di rete di contenimento rispetto all’abuso del processo, ma opera anche di sponda per ampliare l’accesso a soluzioni del conflitto che dispongano di plurime vie d’ uscita, non limitate all’arbitrato o all’innesco dei procedimenti giudiziari, consentendo alla mediazione di dimensionarsi rispetto a contrasti che la logica del processo potrebbe non riuscire a mettere completamente a fuoco”; “Judges in ADR”
[9] http://www.osservatoriogiustizia.re.it/wp-content/uploads/2013/04/Osservatorio-Firenze-progetto-mediazione-demandata-dal-giudice.pdf
[12] https://www.mondoadr.it/articoli/giurisdizione-mediazione-dalla-risoluzione-alternativa-alla-risoluzione-integrata-delle-controversie.html
[14] In www.adrmaremma.it , voce News, al 30.11.2014 sono riportati circa 60 provvedimenti ADR, emanati da magistrati operanti in 15 tribunali.
7 commenti
Egr. Dott. Matteucci,
credo che la cosa più aberrante fatta dal Governo sia stata l’introduzione della negoziazione assistita, uno strumento utile a rimuovere qualsiasi forma di risoluzione alternativa delle controversie civili.
Caro Giovanni Matteucci : Bravissimo come al solito !.
Con tutto il rispetto per Mondo ADR , l’articolo meriterebbe una pubblicazione più importante tale da assicurarne maggior diffusione.
Io la manderei ai Capi degli Uffici , tanto per cominciare …….
Davvero complimenti!!!!!!!
Giovanna De Virgiliis
Dr.a De Virgiliis buonasera, grazie per aver letto il mio articolo.
Una maggior conoscenza dei pochi dati esistenti su conciliazione endoprocessuale e mediazione delegata sarebbe altamente opportuna, soprattutto da parte dei responsabili degli Uffici Giudiziari. Tuttavia sto riscontrando un numero sempre maggiore di di ordinanze / sentenze da parte di giudici sparsi in tutta Italia, nelle quali è richiamato il principio della mediazione “effettiva”, in certi casi comminando pesanti sanzioni economiche a chi non lo rispetta. Come al solito, in Italia, alla carenza di organizzazione suppliamo con la “catena di Sant’Antonio”.
E ritengo che il mediatore, in mediazione, ai soggetti che non rispettano tale principio dovrebbero ricordare questo indirizzo sempre più diffuso tra i magistrati, richiamare a voce le principali sentenze (dandone copia ai presenti) e riportarle nel testo del verbale: gli avvocati ancora incerti sulla procedura ed i magistrati che lo trovassero nel fascicolo processuale sarebbero indotti a concentrare la loro attenzione sulla mediazione.
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Gentile Sig.a Lucrezia,
introdurre nell’ordinamento strumenti alternativi di risoluzione delle controversie lo ritengo positivo, purché siano ben congegnati ed efficienti.
Per cui, benvenuti negoziazione assistita e translatio judicii, MA ….. .
La prima, da un punto di vista teorico, fa parte del diritto collaborativo, il quale insegna che requisito essenziale affinché la procedura funzioni è la diversità dell’avvocato che assiste la parte nella fase negoziale da quello che la rappresenterà in giudizio. Altrimenti nella prima fase non ci si “aprirà” alla ricerca di una soluzione ma si seguirà una strategia in vista del successivo processo. Inoltre, quanti saranno gli avvocati disposti a percepire la parcella per la negoziazione assistita ed a rinunciare quella per il processo?
Translatio judicii: tra i tanti motivi di perplessità sottolineo solo che l’arbitrato esiste da sempre; se è stato ben poco utilizzato finora non credo che la situazione cambierà ne prossimo futuro.
Da ultimo, se come credo i risultati concreti di questi due istituti saranno molto modesti, forse qualcuno, arroganza permettendo, dovrà arrendetesi alla realtà, cioè che lo strumento mediazione -se ben utilizzato- funziona.
Dott. Matteucci.
Complimenti per il suo articolo.
Sono una grande sostenitrice della mediazione.
Ho riscontrato una scarsa attuazione e scarsa informazione sulla stessa.
Molti dovrebbo diffondere notizie su quanti benefici porta la mediazione.
PURTROPPO L ITALIA E GLI ITALIANI VANNO SEMPRE A RILENTO.MICHELA
Non è solo “lentezza”, purtroppo.
Ha mai letto il libro di Piero Calamandrei, editrice La Voce, del 1921, dal titolo “Troppi avvocati”?
Ripeto, MILLENOVECENTOVENTUNO
@Giovanni Matteucci
Dr Matteucci, inutile sottolineare la puntualità della Sua analisi…
In realtà motivo del mio intervento è il plauso ad un concetto da Lei espresso che per la prima volta leggo in articoli sulla mediazione commentati (eppure in materia di ADR si sono spesi fiumi di parole!). Lei scrive testualmente: “ritengo che il mediatore, in mediazione, ai soggetti che non rispettano tale principio (quello della presenza effettiva delle parti)dovrebbero ricordare questo indirizzo sempre più diffuso tra i magistrati, richiamare a voce le principali sentenze (dandone copia ai presenti) e riportarle nel testo del verbale”.
Trovo questa Sua affermazione molto interessante, a tratti rivoluzionaria. Ci hanno insegnato che il verbale di mediazione deve essere puntuale ma “asettico”, diversamente in mediazione si aprirebbe il contraddittorio e ciò sarebbe in contrasto con la ratio dell’istituto. Tuttavia, con opportuno senso della misura (perché il verbale di mediazione non è una sentenza) e soprattutto con adeguata preparazione da parte del Mediatore (non tralasciamo il ruolo fondamentale che riveste la formazione, ahimè!)trovo “geniale”, pertinente e di notevole ausilio allo sviluppo della mediazione l’ipotesi di citare nel verbale la giurisprudenza che impone la “effettività” della stessa sia in termini di presenza personale delle parti che di svolgimento del procedimento. Non ho mai mancato, nelle procedure trattate, di sottolineare questo importante concetto ai miei Colleghi avvocati, ma sovente mi è stato risposto che “sono orientamenti… e che l’istituto della delega non è stato ancora abrogato…). La strada è noto a tutti noi quanto sia irta di ostacoli (ci sarebbero moltissimi altri spunti di riflessione e confronto:ricordiamo appunto quella verità pioneristica nel 1921!) ma ritengo che anche la dottrina possa dare il suo autorevole contributo all’accreditamento della mediazione, affinché non sia più considerata “figlia di un Dio minore”, bensì “di una nuova concezione del conflitto” a cui proprio il “Dio maggiore” ci ha condotti.
Tiziana Rosania
L’11.12.2013 la CCIAA di Milano cortesemente pubblicò un mio articolo
http://blogconciliazione.com/2013/12/e-non-chiamatela-mediazione-anche-perche-ha-una-funzione-paragiurisdizionale/ che intitolai “E non chiamatela mediazione !” e mi esprimevo in questo modo :
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“ La mediazione è una procedura di risoluzione dei conflitti al di fuori del processo con le seguenti caratteristiche:
– VOLONTARIA ;
– NELLA DISPONIBILITA’ DELLE PARTI ;
– con ACCORDO RAGGIUNTO DALLE PARTI STESSE ;
– SENZA RAPPORTI CON IL PROCESSO ;
– GESTITA DA UN TERZO NEUTRALE esperto in tecniche di comunicazione;
– SENZA LA PRESENZA OBBLIGATORIA DEGLI AVVOCATI, assistenti le parti;
– FOCALIZZATA SUGLI INTERESSI e non sui diritti.
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“ …. la procedura di mediazione obbligatoria amministrata, in Italia, come attualmente regolata:
– in molte materie è condizione obbligatoria di procedibilità;
– è scarsamente nella disponibilità delle parti;
– la proposta di accordo può essere formulata dal mediatore, senza richiesta delle parti;
– ha rapporti con il processo;
– vede la presenza obbligatoria degli avvocati, al fine sopra indicato;
– se continua ad essere focalizzata sugli interessi lo si deve solo alla notevole bravura (e caparbietà) del mediatore.
” Da ultimo le è stata riconosciuta funzione paragiurisdizionale.
” E NON CHIAMATELA MEDIAZIONE !
” Cos’è ? Un ircocervo dalla natura indistinta, che dovrebbe fungere da filtro all’ accesso al processo, in funzione deflattiva di esso.
” Servirà ? “.
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Per cui, siccome le parole hanno il loro peso, distinguerei tra MEDIAZIONE e IRCOCERVO.
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Quali principi deve seguire il mediatore nell’ircocervo mediazione obbligatoria amministrata (che ben poco ha a che vedere con la volontaria) ? Vanno desunti dalla legge:
Secondo il D.Lgs. 28/2010,
art. 1, c.1 “ si intende per mediazione l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un ACCORDO amichevole per la composizione di una controversia”;
art. 5, c.1-bis “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di … è tenuto, ASSISTITO dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione …”;
art. 5 , c.2-bis “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo INCONTRO dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”;
art. 8, c.1 “… . Al primo incontro e agli incontri successivi … le parti devono partecipare con l’ASSISTENZA dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di INZIARE LA PROCEDURA di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”.
art. 9, c.1 – “Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle DICHIARAZIONI rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo”.
La legge, quindi, parla di “incontro” alla ricerca di un “accordo”, dove la “parte” deve partecipare “assistita” (non sostituita) da un avvocato. La mediazione si svolge solo dopo che, nel primo incontro, le parti hanno dichiarato di voler proseguire. La riservatezza è relativa alle “dichiarazioni”.
Ne consegue che se una parte non si presenta la mediazione non si è svolta. Così come, se si presenta un avvocato da solo o si presentano l’avvocato ed il suo assistito, che nel primo incontro dichiara / dichiarano che non hanno interesse a proseguire, anche in questi casi la mediazione non si è svolta. Ed il mediatore non lederà l’obbligo della riservatezza nel riportare il “fatto” della non avvenuta mediazione, specificandone le cause.
(Oltre alle disposizioni di legge, per quanto superfluo, il mediatore deve tener conto anche del regolamento dell’organismo presso cui opera).
In tal senso il Tribunale di Roma, sez. XIII, Dr. Moriconi, 29.9.2014 :
“ Il mediatore, non evidentemente bene accorto del contesto nel quale si muoveva, riteneva di poter dare comunque atto che l’accordo non era stato raggiunto dalle parti, di cui non aveva avuto la presenza, neppure del richiedente, e che quindi per tale ragione il procedimento di mediazione era per tale ragione concluso.
“ Decisione che va qualificata del tutto errata.
“ Il procedimento di mediazione si è concluso perché nessuna delle parti si è recata il giorno fissato per l’incontro, davanti al mediatore.
“ Era semplicemente di questo che il mediatore avrebbe dovuto dare atto.
“ Affermare che le parti non avevano raggiunto l’accordo è un aporia, sicuramente non consapevole, ma pur sempre tale.
“ Ed infatti è contrario al vero affermare che le parti non abbiamo raggiunto un accordo in mediazione. … .
“ Affermare, quale semplice nuncius, peraltro di una sola parte scrivente, che non è stato raggiunto l’accordo quando nessuna delle stesse si è presentata davanti al mediatore, significa semplicemente abdicare, da parte del mediatore, al ruolo che la legge gli ha assegnato”.
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Se questa è l’analisi teorica, quali le conseguenze pratiche ?
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Alla parte che attiva la mediazione, e nell’invito a partecipare comunicato all’altro soggetto, è opportuno far presente che la legge e numerose sentenze sottolineano la necessità che la mediazione obbligatoria sia “effettiva”, cioè che ad essa le parti partecipino in prima persona assistite dai loro avvocati ; diversamente il magistrato potrebbe rilevare la non procedibilità della successiva domanda giudiziale o comminare una pena pecuniaria.
Incontrate le parti il mediatore richiamerà norme e sentenze.
Il verbale non si dovrà concludere con la dizione “negativo”, ma indicherà i soggetti presenti e quelli assenti, quelli che hanno dichiarato di non voler iniziare la procedura, specificando che la mediazione “ NON SI E’ SVOLTA “. Opportuno, poi, riportare anche i richiami fatti dal mediatore alla necessità di una mediazione “effettiva” ed ad alcune sentenze che sottolineano questo concetto.
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Il verbale, quindi, potrebbe terminare con le formule seguenti :
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SE UNA DELLE PARTI NON SI PRESENTA
“ Considerato che secondo il D.Lgs.28/2010 e successive modificazioni,
“ art. 1, c.1 “ si intende per mediazione l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia”;
“ art. 5 , c.2-bis “Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo”;
“ art. 8, c.1 “… . Al primo incontro e agli incontri successivi …”
“ Secondo la legge, quindi, perché la mediazione si svolga ci deve essere un incontro.
“ Tale concetto è stato ribadito da numerosi provvedimenti giudiziali; tra i molti :
Tribunale di Firenze, Dr. Scionti, 17.3.2014
Tribunale di Firenze, Dr.a Breggia, 19.3.2014
Tribunale di Palermo, Dr. Ruvolo, 5.8.2014
Tribunale di Roma, sez. XIII, Dr. Moriconi, 29.9.2014
“ Considerato quanto sopra, tenuto conto che la parte invitata Sig. …………. non si è presentata, l’incontro non è avvenuto e la procedura di mediazione non si è svolta ”
o , più sinteticamente
“ E’ presente la parte …. , non è presente la parte …. . Ai sensi del D.Lgs.28/2010, e successive modificazioni, artt. 5 c.2-bis e 8 c.1, che parlano di ‘incontro’, considerato che questo non è avvenuto, la mediazione NON SI E’ SVOLTA ”.
SE AL PRIMO INCONTRO DI MEDIAZIONE, PRESENTI TUTTE LE PARTI, UNA, O PIU’ DI UNA, DICHIARANO DI NON ESSERE INTERESSATE A PROSEGUIRE
“ Secondo il D.Lgs.28/2010, e successive modificazioni, art. 8 : “Il mediatore, .. nel .. primo incontro, invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”. Di conseguenza, se nel primo incontro la parte, o le parti, dichiarano che non sono interessate a continuare, la procedura non si è svolta.
“ Infatti, secondo il Tribunale di Firenze, Dr.a Breggia, 19.3.2014, ‘ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. / Non avrebbe ragion d’essere una dilazione del processo civile per un adempimento burocratico del genere. La dilazione si giustifica solo quando una mediazione sia effettivamente svolta e vi sia stata data un’effettiva chance di raggiungimento dell’accordo alle parti. Pertanto occorre che sia svolta una vera e propria sessione di mediazione. Altrimenti, si porrebbe un ostacolo non giustificabile all’accesso alla giurisdizione’ .
“ Numerosi i provvedimenti giudiziali che sottolineano la necessità che la mediazione sia ‘effettiva’; tra i molti:
Tribunale di Firenze, Dr. Scionti, 17.3.2014
Tribunale di Palermo, Dr. Ruvolo, 5.8.2014
Tribunale di Roma, sez. XIII, Dr. Moriconi, 29.9.2014
Giudice di Pace di Lecce, Avv. Paparella, 6.11.2014 .
“ Considerato quanto sopra, tenuto conto che nel primo incontro di mediazione la parte / le parti ha / hanno dichiarato che non è / sono disposte a proseguire, la mediazione non si è svolta “
o , più sinteticamente
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“ E’ presente la parte …., è presente la parte …. . Ai sensi del D.Lgs.28/2010, e successive modificazioni, art. 8 (‘Il mediatore, .. nel .. primo incontro, invita le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento’), la parte …. ha (le parti hanno) dichiarato di non essere interessata/e a iniziare la procedura di mediazione, che NON SI E’ SVOLTA”.
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Sarà poi il magistrato a trarne le conclusioni.