Mediazione: Commentario al
Decreto Legislativo 4 marzo 2010, n. 28
Testo coordinato con la conversione in legge del decreto legge 13 agosto 2011 e la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia.
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo, si intende per: a) mediazione: l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa;
b) mediatore: la persona o le persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo;
c) conciliazione: la composizione di una controversia a seguito dello svolgimento della mediazione;
d) organismo: l’ente pubblico o privato, presso il quale può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto;
e) registro: il registro degli organismi istituito con decreto del Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 16 del presente decreto, nonché, sino all’emanazione di tale decreto, il registro degli organismi istituito con il decreto del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222.
- Mediazione: nozione: Normalmente il termine indica il procedimento, il metodo, attraverso il quale si tenta di giungere alla risoluzione della controversia.
- Mediatore: La definizione di “mediatore” si incentra sulla mancanza di poteri decisionali e sulla sua neutralità e imparzialità rispetto agli interessi in gioco. Storicamente sono proprio questi i tratti della figura del mediatore, che devono risultare ulteriormente marcati nella realtà presente, per permettere la distinzione con figure diverse, come quella del giudice che può avanzare proposte in giudizio, o come quella degli avvocati negoziatori, protagonisti del nuovo procedimento definito “negoziazione assistita”.
- “Conciliazione”: la “conciliazione” viene definita non più come un sinonimo della mediazione, ma come il suo risultato. La scelta ha lasciato spazio a critiche: è sembrata una confusione tecnicamente inutile. Il termine “conciliazione” infatti è stato ed è tuttora usato in Italia molto spesso anche in un’accezione diversa, ed impropria, se consideriamo i requisiti della mediazione previsti dalla direttiva, e si riferisce ad una figura nella quale mancano le caratteristiche fondamentali della conciliazione come sopra descritta. Si pensi ai cosiddetti tavoli paritetici, ove manca un terzo neutrale, ovvero ad organismi pubblici, come nel caso della conciliazione già prevista dinanzi agli uffici del lavoro, al cui personale non era richiesta una formazione specifica.
- L’“organismo” e il “registro”: I due concetti sono strettamente legati, difatti proprio tramite l’iscrizione al suddetto registro, l’organismo acquisisce la facoltà di prestare il servizio “mediazione”. La disciplina legata al registro è sviluppata in seno al DM 18 ottobre 2010, n. 180 (aggiornato con le successive modifiche del DM 145/11 e del DM 139/14). Il suddetto decreto disciplina la formazione del registro, le modalità di iscrizione allo stesso, il controllo e il monitoraggio, e tutti gli aspetti fondamentali per il suo funzionamento.
Link a IL NUOVO REGISTRO degli ORGANISMI di mediazione:
https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX
Art. 2
Controversie oggetto di mediazione
- Chiunque può accedere alla mediazione per la conciliazione di una controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili, secondo le disposizioni del presente decreto.
- Il presente decreto non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche relative alle controversie civili e commerciali, né le procedure di reclamo previste dalle carte dei servizi.
Natura e ambito di applicazione della mediazione; diritti disponibili e non: La mediazione è divenuta applicabile su larga scala ed è questa, senza dubbio, una delle più importanti novità che sono state introdotte dal decreto legislativo n 28/2010, considerando che prima di questa data la mediazione era stata introdotta solo per singoli e specifici settori del contenzioso. Oggetto di mediazione sono diritti di cui le parti possano disporre, in linea con le disposizioni della legge delega n. 69/2009 e con i principi di rango costituzionale. Quanto al presupposto che si versi in controversia per diritti disponibili, si dovrebbe ritenere che la indisponibilità del diritto non possa impedire il tentativo di mediazione volontaria in se considerato, se diretto ad un accordo che riaffermi e riconosca proprio tale diritto, senza farne affatto oggetto di compromesso. La stessa disposizione dell’articolo 2, al secondo comma, afferma comunque che la disciplina della legge non preclude le negoziazioni volontarie e paritetiche, né le procedure di reclamo previste dalle carte di servizi. Naturalmente, anche se si tratta di un aspetto molto spesso ignorato, la legge non impedisce affatto le mediazioni volontarie, a regolamentazione che potremmo chiamare libera, tra parti che non vogliano avvalersi del meccanismo previsto per le mediazioni accreditate e che vogliano giungere ad un accordo. che non potrà essere automaticamente, o a seguito di omologazione, munito di efficacia esecutiva. Nella realtà di questi anni mediazioni di questo tipo sono state tutt’altro che rare, specie nell’ambito di rapporti di affari, anche di notevole valore economico, rapporti che le parti interessate desiderano generalmente mantenere riservati.
Capo II
DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE
Art. 3
Disciplina applicabile e forma degli atti
- Al procedimento di mediazione si applica il regolamento dell’organismo scelto dalle parti.
- Il regolamento deve in ogni caso garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell’articolo 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l’imparzialità e l’idoneità al corretto e sollecito espletamento dell’incarico.
- Gli atti del procedimento di mediazione non sono soggetti a formalità.
- La mediazione può svolgersi secondo modalità telematiche previste dal regolamento dell’organismo
1. Forma del procedimento di mediazione:
L’articolo 3 si occupa della disciplina applicabile e della forma del procedimento di mediazione. Come si ricordava sopra, qui la scelta di fondo è stata quella di valorizzare le esperienze autoregolamentate degli organismi di conciliazione e di minimizzare l’intervento statale nella disciplina dell’attività di mediazione. Questa, pertanto, è disciplinata in modo prevalente dal regolamento di procedura di cui ciascun organismo deve dotarsi, e che va depositato presso il Ministero della giustizia all’atto dell’iscrizione al registro.
- potestà regolamentare degli organismi- limiti
I limiti alla potestà regolamentare degli organismi si riducono al rispetto del dovere di riservatezza, poi disciplinato in modo analitico nell’articolo 9, e del dovere di imparzialità del mediatore rispetto al singolo affare trattato.
- potestà regolamentare degli organismi – modalità telematica
Il comma 4 infine recepisce il principio di cui all’articolo 60, comma 3, lettera i) della legge-delega, prevedendo la possibilità di esercitare la mediazione secondo modalità telematiche, affidando al regolamento dell’organismo la disciplina più analitica di tali modalità. Anche il ricorso alla telematica si inserisce nel quadro della semplificazione e de-formalizzazione dell’attività di mediazione, che costituisce una della leve su cui fare maggior affidamento per la diffusione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
2. Regolamento di mediazione di ADR Center (PDF): http://www.adrcenter.com/wp-content/uploads/2010/05/Regolamento-di-Mediazione-ADR-Center-20152.pdf
3. Indicazioni Pratiche: Le memorie introduttive possono costituire il primo contatto con il mediatore e rappresentano una chance per instaurare fin da principio una proficua collaborazione, per spiegare quali sono gli interessi del cliente e quali ostacoli possono impedire la risoluzione della controversia. Prima di redigere questo documento è bene consultarsi con il mediatore e chiedere di quali informazioni ha bisogno e concordare se il documento verrà portato o meno a conoscenza della controparte. I mediatori usano pratiche diverse e per tale ragione è fondamentale discutere esplicitamente gli aspetti da trattare in questo primo atto per evitare di sprecare inutilmente del tempo prezioso. Il tipo di informazioni richieste dal mediatore rivela come questi le utilizzerà. Ad esempio, se il mediatore richiede di fornire un riassunto circa i fatti della controversia, con le motivazioni in diritto e le richieste avanzate, sicuramente intende valutare preliminarmente la lite sotto il profilo giuridico. Se invece richiede una valutazione estensiva delle argomentazioni giuridiche poste a fondamento delle pretese e vuole visionare le memorie giudiziali già prodotte, può voler entrare direttamente nel merito della controversia. Se infine il mediatore cerca di verificare se l’avvocato ha effettuato dei tentativi per comporre la lite e le ragioni del fallimento, nonché le motivazioni che spingono il cliente a optare per un metodo alternativo al processo giurisdizionale, intende comprendere a fondo le motivazioni della disputa ma anche convincere le parti ad adottare un approccio pragmatico volto alla soluzione del problema. Occorre sottolineare che se il mediatore non richiede alcun documento, l’avvocato può comunque chiedere di inviare una memoria scritta introduttiva. E’ importante sottolineare che la memoria introduttiva in mediazione deve essere redatta in maniera molto differente dalla possibile futura citazione. E’ un errore produrre un documento simile ad una citazione, pensando di risparmiare tempo.
Ecco cosa potrebbe essere utile includere nel documento: Descrizione della controversia e delle sue implicazioni giuridiche
- “Esposizione dei fatti”, con una chiara cronologia degli eventi, una presa di posizione sui punti chiave della vicenda e il punto di vista del proprio cliente in merito a ogni problematica connessa.
- “Esposizione delle motivazioni in diritto” rilevanti e della posizione del proprio cliente in relazione a ciascuna di esse.
- “Domande”: indicazione di ciò che si richiede come riparazione dell’inadempimento o del fatto ingiusto subito, incluso un elenco dettagliato dei danni di cui si chiede il risarcimento.
- Descrizione delle iniziative giudiziarie già compiute e del loro esito.
- Indicazione delle informazioni o delle prove che si ha necessità di acquisire, con specifica indicazione di ciò che dovrebbe essere fatto prima di portare il caso in giudizio.
- Indicazione degli interessi del cliente che si vorrebbero soddisfatti con la mediazione.
- Trattative già compiute, offerte e contro-offerte formulate prima di avviare la mediazione.
- Esposizione del proprio parere sui motivi che hanno impedito di giungere a un accordo e suggerimenti sulle possibili strategie da adottare per superarli.
- Indicazione di cosa ci si aspetta dal mediatore e di quali proposte alternative si vorrebbe che l’altra parte prendesse in considerazione.
Altre informazioni:
- Indicazione dei soggetti che parteciperanno alle sessioni di mediazione e a quale titolo.
- Invio delle prove documentali rilevanti.
Le memorie introduttive dovrebbero contenere una visione bilanciata dei fatti e dei fondamenti giuridici della controversia, nonché le prove fondamentali alla base delle proprie affermazioni. Questo non significa che si debbano produrre tutte le prove di cui si dispone, a meno che ciò non sia stato espressamente richiesto dal mediatore. È consigliabile produrre i documenti necessari a dare al mediatore il quadro della lite, quali ad esempio contratti, perizie o corrispondenza rilevante. Occorre inoltre tener presente che questi documenti non sono atti da sottoporre al giudice e pertanto non devono essere elaborati con la medesima strategia offensiva o difensiva. I documenti preparatori verranno usati anche in seguito. Le informazioni contenute possono ad esempio essere utilizzate per preparare il discorso iniziale durante la prima sessione congiunta. Le domande poste dal mediatore in questa fase saranno sicuramente riproposte successivamente. È inoltre consigliabile preparare le memorie introduttive insieme al proprio cliente: in tal modo non solo verranno meglio chiariti i suoi interessi, ma egli comprenderà di svolgere un ruolo di primo piano.
tratto da: Il ruolo dell’avvocato nella mediazione: preparare le memorie introduttive (G. De Palo; G. D’Urso; R. Gabellini)
Art. 4
Accesso alla mediazione
1. La domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’articolo 2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza.
2. L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.
3. All’atto del conferimento dell’incarico, l’avvocato è tenuto a informare l’assistito della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione disciplinato dal presente decreto e delle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 17 e 20. L’avvocato informa altresì l’assistito dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. L’informazione deve essere fornita chiaramente e per iscritto. In caso di violazione degli obblighi di informazione, il contratto tra l’avvocato e l’assistito è annullabile. Il documento che contiene l’informazione è sottoscritto dall’assistito e deve essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio. Il giudice che verifica la mancata allegazione del documento, se non provvede ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, informa la parte della facoltà di chiedere la mediazione
1. Competenza territoriale: L’articolo 4 tratta delle modalità di avvio del procedimento di mediazione, che parte con una domanda scritta da depositare, e si tratta di una modifica molto rilevante, adottata anche a seguito delle richieste provenienti da una parte dell’avvocatura, presso la segreteria di un organismo iscritto nel registro che abbia sede nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia, modificando così la precedente regola della libera scelta dell’organismo. S’introduce in tal modo la territorialità del tentativo di mediazione, che istituisce un parallelismo ed un necessario collegamento con la competenza territoriale del giudice. Nell’ipotesi di “conflitto tra più domande” il legislatore stabilisce che sia competente l’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda.
Deroga della competenza: Si ritiene che le parti possano, d’accordo, decidere di rivolgersi ad un organismo di una sede diversa da quella indicata dalle regole di competenza
Non dà luogo a deroga di competenza lo svolgimento concordato delle attività di mediazione regolarmente incardinata in altra sede dell’organismo.
2. Contenuto dell’istanza: Il secondo comma dell’articolo in esame mira poi a risolvere un problema connesso: quello della individuazione della controversia. In proposito, si fa riferimento alle parti, all’oggetto e alle ragioni della pretesa, (più avanti un esempio di istanza) per delineare una cornice più snella rispetto a quella della domanda giudiziale. Allo stesso tempo, si è dovuto precisare quel contenuto minimo che risultasse coerente con le anticipate ricadute sulla prescrizione e sulla decadenza. Non si può peraltro evitare di notare come l’indicazione di questi elementi, benché collegata, oltre che alle norme in materia di prescrizione e decadenza, anche alla previsione sulla obbligatorietà del tentativo e degli effetti della proposta del mediatore sulle spese del successivo giudizio, tenda a delineare un modello di mediazione fortemente processualistico, e non solo strutturato, come richiesto dalla stessa direttiva europea.
3. Dovere di informativa al cliente: Il ruolo dell’avvocato nella procedura di mediazione rappresenta uno degli aspetti più interessanti e al tempo stesso più dibattuti. L’ultimo comma dell’articolo 4, affronta il delicato tema degli obblighi di informazione dell’avvocato (articolo 60, comma 3, lettera n, della legge n. 69/2009) cui eventualmente la parte si sia rivolta. Si evidenzia l’importanza di tale obbligo imponendo un’informativa specifica e scritta (più avanti un modello di informativa), abbinata a quella sulle agevolazioni fiscali di cui la parte in mediazione può usufruire. La sanzione per l’omessa informativa è stata individuata nell’annullabilità del contratto concluso eventualmente con l’assistito e rafforzata dall’obbligo di allegare il documento, sottoscritto, all’atto del giudizio in ipotesi instaurato. Si tratta di un’annullabilità di protezione che non si ripercuote sulla validità della procura, in linea con gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. In aggiunta, il giudice informerà la parte non avvisata della possibilità di avvalersi della mediazione. L’avvocato dovrà informare la parte al momento del formale conferimento dell’incarico. La Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale in via consequenziale anche di questa norma, limitatamente agli obblighi di informativa dell’avvocato connessi alle ipotesi di tentativo obbligatorio di mediazione. Tali norme sono state ripristinate, con il nuovo riferimento al comma 1-bis dell’articolo 5, dal decreto “del fare”.
Ulteriore obbligo, già gravante autonomamente, ma con diversa estensione, sugli avvocati, a carico del mediatore, anche se non avvocato o libero professionista, è quello della segnalazione per la prevenzione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, previsto dall’articolo 22 del Decreto Legislativo.
4. Domanda riconvenzionale
Anche la domanda riconvenzionale del convenuto è soggetta al tentativo obbligatorio di mediazione perché la domanda di mediazione deve avere ad oggetto l’intera controversia (Tribunale di Roma, sentenza del 22 Dicembre 2014, giudice Massimo Moriconi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/11933.html
5. Indicazioni Pratiche:
a) La forma della istanza
Un esempio di Istanza di Mediazione di ADR Center: http://www.adrcenter.com/wp-content/uploads/2010/05/Istanza-di-mediazione-presso-ADR-Center-2015-editabile1.pdf
Modello di informativa valido sia per le controversie per le quali la mediazione costituisce condizione di procedibilità, sia per le controversie per le quali la mediazione è facoltativa:
Io sottoscritto _____________ dichiaro di essere stato informato dall’Avv._______________________________, in ossequio a quanto previsto dall’art. 4, 3° comma del d.lgs, 4 marzo 2010, n. 28 così come modificato dal D.lgs 69/2013: 1 della possibilità di avvalermi del procedimento di mediazione previsto dall’art. 2 D.lgs. 69/2013 per tentare la risoluzione stragiudiziale della controversia insorta tra me e _____________ (indicazione della controparte) in relazione a ___________________(indicazione della lite); nonché dell’obbligo ai sensi dell’art. 5 comma 1bis D.lgs. 69/2013 di adire al procedimento di mediazione in quanto condizione di procedibilità del giudizio, nel caso che la controversia sopra descritta sia relativa a diritti disponibili in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. 2. della possibilità, qualora ne ricorrano le condizioni, di avvalermi del gratuito patrocinio per la gestione del procedimento; 3. delle agevolazioni fiscali connesse all’utilizzo della procedura, quali: a) della possibilità di giovarsi – in caso di successo della mediazione – di un credito d’imposta commisurato all’indennità corrisposta all’Organismo di mediazione fino alla concorrenza di Euro 500,00; b) della possibilità di giovarsi – in caso di insuccesso della mediazione – di un credito d’imposta ridotto della metà; c) tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura; d) il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di Euro 50.000,00 e, in caso di valore superiore, l’imposta è dovuta solo per la parte eccedente. Luogo e data, (Sottoscrizione dell’assistito) (Sottoscrizione dell’Avvocato)
b) Il ruolo dell’avvocato nella fase preparatoria:
Il ruolo dell’avvocato in mediazione: come preparare il cliente: (G. De Palo; G. D’Urso; R. Gabellini, mediatori e formatori)
La preparazione dell’avvocato in mediazione per molti versi non è diversa dalla pianificazione di altre tipologie di trattativa. Tuttavia, differisce dalla negoziazione diretta su alcuni punti importanti. Innanzitutto, l’intensità. La trattativa ordinaria può avere luogo in modo intermittente per un periodo di tempo che va da mesi ad anni, senza una struttura chiara, sia per telefono che per e-mail. La mediazione, invece, è solitamente una procedura definita. Le parti concordano di incontrarsi a una certa data, alla presenza di un terzo e di condurre le trattative senza soluzione di continuità. Questo significa che l’incontro di mediazione è probabilmente il momento “clou” del caso e la sua pianificazione deve riguardare tutti gli aspetti, dalla prima proposta alle condizioni finali di accordo. L’avvocato deve far capire al proprio cliente che ci si sta avviando alla fase cruciale e che deve prepararsi in modo adeguato. Inoltre, a differenza delle trattative dirette, le parti “si incontrano quasi sempre di persona” e coloro che hanno potere decisionale interagiscono di fronte all’altra parte e al mediatore. La differenza più importante, tuttavia, è la presenza del mediatore: talvolta il procedimento è simile a un negoziato facilitato, in altri casi a una trattativa a tre. Gli avvocati devono contrattare non soltanto con la controparte sui termini dell’accordo, ma anche con il mediatore sulla gestione del procedimento. In virtù della speciale natura della mediazione, l’avvocato deve affrontare, oltre alle problematiche tipiche della preparazione di una trattativa diretta, altri argomenti con il cliente. Innanzitutto deve enfatizzare la natura del procedimento. È essenziale fargli comprendere che svolge un ruolo fondamentale durante l’intero processo e che ne ha il controllo totale. Il cliente deve comprendere che l’obiettivo della mediazione è la ricerca di una soluzione condivisa e che quindi è consigliabile mantenere un tono rispettoso, ascoltare attentamente e mostrarsi aperti, poiché l’obiettivo non è “vincere” ma risolvere il problema. È indispensabile che sia paziente, disposto a superare possibili ostacoli e a sostenere incontri molto lunghi. Anche se la mediazione potrebbe non portare alla soluzione dell’intera controversia, quantomeno ne risolverà alcuni aspetti. Il cliente va informato quindi sul grado di formazione ed esperienza del mediatore, su che cosa accadrà durante la mediazione e su quali sono le tecniche usate (a tal fine potrebbe essere utile mostrare un video sulla mediazione, sul sito di ADR Center sono pubblicati dei video utili). Per esempio, va avvisato che il mediatore può cambiare approccio durante il procedimento, ovvero da persona che ascolta in modo empatico a persona che valuta gli aspetti giuridici del caso. Il cliente avrà sempre la possibilità di discutere con il mediatore, che gli potrà tra l’altro chiedere di incontrare insieme la parte avversaria, senza gli avvocati (su questo punto è opportuno però che si confronti con il legale prima di accettare). Come del resto, l’avvocato potrà chiedere al mediatore di lasciare la stanza per parlare privatamente con il suo cliente.
Altro punto da sottolineare è la suddivisione dei ruoli tra avvocato e cliente – ad esempio, quello del cliente durante il primo incontro – e come si pensa di comportarsi durante le sessioni private: uno parla e l’altro ascolta? Il cliente assume il ruolo del “poliziotto buono” e l’avvocato quello del “poliziotto cattivo”? Sono tutti aspetti da chiarire affinché la mediazione possa sortire effetti positivi. Per quanto riguarda le domande che verranno poste dal mediatore e dalla controparte nel corso delle varie sessioni, è bene sottolineare al cliente che è sempre libero di non rispondere, anche se il procedimento è comunque coperto da riservatezza. Di conseguenza, ciò che viene dichiarato e prodotto durante la mediazione rimarrà segreto e non potrà essere utilizzato dalla controparte in un eventuale processo. Detto questo, è preferibile definire insieme quali informazioni può fornire volontariamente e quali non dovranno essere svelate, a meno di non trovarsi da soli con il mediatore durante la sessione privata (se il cliente non sa quali informazioni sia bene rivelare, può sempre consultarsi con l’avvocato).
Definire i ruoli. Una volta chiariti i principi base della mediazione, avvocato e cliente devono accordarsi sulla suddivisione di compiti e ruoli, che variano profondamente a seconda della natura della controversia. Nella mediazione familiare di solito l’avvocato non partecipa agli incontri, ma si limita a fornire la sua consulenza prima e dopo il procedimento. Nelle controversie più allargate l’avvocato interviene alla mediazione come “osservatore silenzioso”, prendendo la parola solo se necessario per salvaguardare gli interessi del suo assistito. Nelle controversie commerciali cliente e avvocato partecipano entrambi, ripartendosi le responsabilità nel procedimento. Nelle dispute che coinvolgono soggetti istituzionali l’avvocato spesso è il soggetto più importante se non l’unico. Come abbiamo già accennato, il cliente dovrebbe partecipare direttamente sin dalla sessione iniziale congiunta, durante la quale presenterà i motivi della disputa. La sua partecipazione dovrà essere garantita anche successivamente e spetterà all’avvocato assicurarsi che nel corso del procedimento il cliente abbia l’opportunità di esporre personalmente la propria visione dei fatti, i propri interessi reali, gli obiettivi che intende raggiungere e le eventuali proposte di accordo. L’avvocato dovrà in primo luogo preparare e proteggere il cliente nella valutazione delle proposte di accordo, assicurare che ogni aspetto legale sia affrontato scrupolosamente, assisterlo ed eventualmente redigere l’accordo finale. Non esiste un unico modo di rappresentare il proprio cliente in mediazione. In alcuni casi può essere utile frenare l’istinto di intervenire per lasciar spazio al cliente. In altri casi, invece, sarà meglio porsi al centro del procedimento per evitare che il cliente venga sopraffatto dalla controparte. Definire interessi e ostacoli. Durante la riunione pre-mediazione con il cliente occorre capire quali sono i suoi veri interessi, poiché la posizione dichiarata potrebbe non corrispondere a ciò che vuole realmente. Spesso i clienti si concentrano sulla posizione da difendere e non sui reali interessi, perdendo di vista il vero obiettivo da raggiungere; è necessario anche cercare di capire quali siano gli interessi della controparte. Questa valutazione permette di formulare proposte di soluzione della controversia potenzialmente accettabili per tutti. Poi, prima dell’avvio della mediazione, occorre parlare nuovamente con il cliente per chiarire i suoi interessi, i possibili ostacoli alla soluzione della controversia e le soluzioni praticabili. Potrebbe essere infatti trascorso molto tempo dal primo colloquio e potrebbero essersi verificate nuove circostanze o sorte nuove idee su come affrontare la mediazione. L’avvocato deve aiutare il cliente a formulare delle proposte di carattere economico e non, evitando di stabilire sin dall’inizio una soglia rigida oltre la quale non accettare una transazione. Il cliente deve affrontare la mediazione con una mentalità aperta.
Sollecitare soluzioni creative. Come si è detto, durante la preparazione del caso è necessario stimolare il cliente a trovare possibili soluzioni per giungere alla conciliazione. Sarà importante uscire dagli schemi classici del contenzioso ordinario, evitando di fossilizzarsi su soluzioni di carattere prettamente economico. In una controversia di lavoro, ad esempio, il datore di lavoro potrebbe offrire come parte dell’accordo l’affidamento di nuove responsabilità al dipendente, l’interruzione del rapporto di lavoro accompagnata da buone referenze, oppure l’offerta di scuse pubbliche o informali. Punti di forza e di debolezza. Il dialogo fra l’avvocato e il proprio assistito deve svolgersi su un piano di completa fiducia e senza alcuna remora nel riferire ogni minimo particolare che riguardi la controversia. In questo modo il legale potrà verificare i punti di forza e di debolezza del caso, definendo le probabilità di successo in sede giudiziale e le relative spese. Questo esame preliminare consentirà al cliente di avere un quadro completo dei costi e dei benefici derivanti da un’eventuale azione in giudizio. Le possibili domande. L’avvocato deve riesaminare insieme al cliente le possibili domande che potrebbero essergli rivolte dal mediatore, dalla controparte e dall’avvocato della controparte.
6. Giurisprudenza: Anche la domanda riconvenzionale del convenuto è soggetta al tentativo obbligatorio di mediazione. La domanda di mediazione deve avere ad oggetto l’intera controversia. Tribunale di Roma, sentenza del 22 Dicembre 2014, giudice Massimo Moriconi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/11933.html
Agevolazioni fiscali:
si rimanda agli artt.: 17 e 20
Art. 5
Condizione di procedibilità e rapporti con il processo
1.1 omissis
1-bis. Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto, assistito dall’avvocato, preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell’articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. La presente disposizione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data della sua entrata in vigore. Al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio degli esiti di tale sperimentazione. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione. Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140- bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni
2. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di giudizio di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista, prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
2-bis. Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale; la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo.
3. Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale.
4. I commi 1-bis e 2 non si applicano: a) nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; b) nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile; c) nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile; d) nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata; f) nei procedimenti in camera di consiglio; g) nell’azione civile esercitata nel processo penale.
5. Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, se il contratto, lo statuto ovvero l’atto costitutivo dell’ente prevedono una clausola di mediazione o conciliazione e il tentativo non risulta esperito, il giudice o l’arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo il giudice o l’arbitro fissa la successiva udienza quando la mediazione o il tentativo di conciliazione sono iniziati, ma non conclusi. La domanda è presentata davanti all’organismo indicato dalla clausola, se iscritto nel registro, ovvero, in mancanza, davanti a un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di cui all’articolo 4, comma 1. In ogni caso, le parti possono concordare, successivamente al contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso organismo iscritto.
6. Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione i medesimi effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all’articolo 11 presso la segreteria dell’organismo.
1. La mediazione come condizione di procedibilità:
- Testo previgente della norma: Il primo comma dell’articolo 5 del decreto era senz’altro uno dei più importanti nell’impalcatura del provvedimento. In particolare, il comma 1 faceva della mediazione, in talune materie ben definite, una condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. In altre parole, come già accadeva per le controversie di lavoro, la parte che intendeva agire in giudizio aveva l’onere di tentare la mediazione. Il giudice, qualora avesse rilevato, su eccezione di parte, nella prima difesa, o d’ufficio entro la prima udienza, che la mediazione non era stata tentata o che non era decorso il termine massimo per il suo completamento [4 mesi], aveva l’obbligo di fissare una nuova udienza dopo la scadenza del termine massimo consentito per la mediazione affinché ne fosse possibile lo svolgimento. Se invece la mediazione non fosse stata ancora iniziata, il giudice avrebbe dovuto fissare un termine di 15 giorni per la presentazione della domanda a un organismo di conciliazione accreditato. La previsione del mero differimento del processo, invece della più onerosa sospensione, mirava a limitare l’aggravio per le parti dell’onere di tentare la mediazione. Il legislatore delegato aveva esteso a un’ampia serie di rapporti la condizione di procedibilità, al fine di garantire alla nuova disciplina una reale capacità deflattiva. Nell’ottica del legislatore la condizione di procedibilità differiva l’esperimento del giudizio senza impedire o limitare eccessivamente l’accesso alla giurisdizione. Le materie per le quali era previsto il tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità erano state individuate in base al tipo di rapporto e alla natura della controversia. Il predetto comma è stato dichiarato incostituzionale, con sentenza 06.12.2012 n° 272 , G.U. 12.12.2012.
- Testo vigente: A seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale del primo comma dell’articolo 5 del Decreto Legislativo 28/2010, la nuova legislazione ha introdotto il comma 1-bis dell’articolo 5 (Comma inserito dall’ art. 84, comma 1, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98; per l’applicabilità di tale disposizione vedi il comma 2 dell’ art. 84 del medesimo D.L. n. 69/2013.)che prevede nuovamente, quale condizione di procedibilità dell’azione civile, l’esperimento del procedimento di mediazione, oggi necessariamente, a differenza di quanto previsto dalla precedente disposizione, con l’assistenza di un avvocato, ferme restando le procedure alternative presso la Camera di conciliazione della CONSOB (Decreto Legislativo n 179/2007) e presso il conciliatore bancario (articolo 128-bis del Decreto Legislativo n 385/1993) previste per le materie previste da tali disposizioni. Il mancato esperimento del tentativo è rilevabile d’ufficio dal giudice o su eccezione di parte, nella prima udienza. In tal caso, se la mediazione è già iniziata, il giudice fissa la nuova udienza dopo la scadenza del termine di 3 mesi dal deposito della domanda, o concede il termine di 15 giorni per la sua proposizione. Le materie per le quali è prevista la condizione di procedibilità non corrispondono integralmente a quelle precedentemente elencate dal comma 1, e comprendono ora: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, con l’esclusione, quindi, delle controversie relative al risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. La riforma ha introdotto anche una modifica della disciplina civilistica della trascrizione, prevista dall’articolo 2643 del codice civile, per consentire la trascrizione degli accordi di mediazione aventi ad oggetto l’usucapione di immobili, un punto che ha determinato problemi interpretativi della disciplina originaria del Decreto Legislativo 28/2010. Come si vedrà, un’ulteriore modifica, rispetto alla precedente disciplina, è collegata alla limitazione dell’obbligatorietà del tentativo ad una fase iniziale e preliminare del tentativo, per la quale viene inoltre prevista la gratuità. La reintroduzione dell’obbligatorietà del tentativo è stata peraltro limitata temporalmente al periodo di 4 anni a decorrere dall’entrata in vigore della nuova disciplina, con una connotazione sperimentale della norma che la rafforza rispetto a possibili eccezioni di legittimità costituzionale. I commi 2-bis e 3 specificano due aspetti della mediazione come condizione di procedibilità: il comma 2-bis rende effettivo il sistema dell’opt-out, che stabilisce che la condizione di procedibilità sia soddisfatta con la mera partecipazione al primo incontro, senza la necessità dell’accordo. Il comma 3 conferma, anche nel caso di mediazione, la possibilità di richiedere provvedimenti cautelari, secondo le previsioni del codice civile e di quello di procedura. Inoltre, ove necessario, lo svolgimento della mediazione non deve impedire la trascrizione della domanda giudiziale e le sue conseguenze legali.
2. La mediazione per ordine del giudice: Altra norma assolutamente fondamentale, soprattutto nella prospettiva dell’evoluzione del sistema processuale, anch’essa modificata dalla nuova disciplina, è quella del secondo comma dell’articolo 5 che prevede il potere del giudice di disporre lo svolgimento di un tentativo di mediazione, e non più solo di invitare le parti a procedere al tentativo, rivolgendosi ad un organismo accreditato, ipotesi che corrisponde all’istituto del referral conosciuto dagli ordinamenti processuali di common law. La norma, con la quale l’ordinamento italiano dà attuazione generale ad una previsione della direttiva europea, senza limitarne la portata alle controversie transfrontaliere (alle quali si applica la direttiva), introduce un’ipotesi di tentativo di conciliazione che si affianca, senza sostituirla, al tentativo di conciliazione che può essere condotto dallo stesso giudice, oggi riformato con la nuova previsione dell’articolo 185-bis introdotto nel codice di procedura civile. Nell’ipotesi disciplinata dal decreto 28/2010, il giudice valutava se formulare l’invito in base allo stato del processo, alla natura della causa e al comportamento delle parti. Se le parti aderivano all’invito del giudice, questi provvedeva fissando una nuova udienza dopo la scadenza del termine per la mediazione. Nella nuova disciplina, fermi restando i criteri in base ai quali il giudice deve svolgere la sua valutazione, non è più previsto il consenso delle parti, ed il giudice può ordinare d’ufficio alle parti di procedere al tentativo, anche nella fase di appello. Anche in questa ipotesi l’esperimento del procedimento di mediazione, che può essere ordinato dal giudice prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni, o di quella di discussione, quando la prima non sia prevista, è previsto quale condizione di procedibilità dell’azione. Il giudice fissa la nuova udienza del processo dopo la scadenza del termine per lo svolgimento del procedimento, ora ridotto a tre mesi. E’ bene sottolineare che il giudice ha il potere di procedere all’invito anche in caso di fallimento del tentativo nelle materie soggette a condizione di procedibilità.
3. Obbligo di Mediazione – Casi di esclusione: Il comma 4 dell’articolo 5 elenca una serie di procedimenti ai quali non si applicano le disposizioni sulla condizione di procedibilità e per i quali la mediazione su sollecitazione del giudice non opera con effetto preclusivo. Si tratta dei procedimenti per ingiunzione, compresa la fase di opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione; dei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito; dei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all’articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile; dei procedimenti di opposizione, o incidentali di cognizione in materia di esecuzione forzata; dei procedimenti in camera di consiglio; dell’azione civile esercitata nel processo penale. La nuova disciplina ha aggiunto a questi procedimenti, anche a seguito dei contrasti di giurisprudenza che si erano verificati sul punto, quello di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696-bis del codice di procedura civile.
4. La presenza personale delle parti: La giurisprudenza di merito tende ad escludere che la condizione di procedibilità possa considerarsi soddisfatta nei casi in cui nel primo incontro sia mancata una effettiva valutazione personale delle parti sulla possibilità di una soluzione conciliativa. Si rimanda alla giurisprudenza citata in seguito ed alla nota di commento sub voce Dottrina
5. Le clausole contrattuali di mediazione: Il comma 5 dell’articolo 5 disciplina l’ipotesi in cui una clausola di mediazione o conciliazione sia contenuta in un contratto o nello statuto societario e il tentativo non sia stato esperito, sulla falsariga di quanto già previsto dall’articolo 40 del d.lgs. n. 5/2003 in materia di conciliazione societaria. In tale ipotesi si è previsto che, fuori dei casi di tentativo obbligatorio, il giudice adito, o l’arbitro, debbano fissare una nuova udienza e assegnare un termine per il deposito della domanda di mediazione davanti all’organismo scelto in contratto, se iscritto al registro, o, in mancanza, ad altro organismo iscritto. Anche in questo caso l’invito del giudice e il contestuale rinvio non richiedono l’adesione delle parti, ma sono obbligatori: ciò dipende dal fatto che una delle parti, proponendo il giudizio, ha già rinunciato alla clausola di mediazione, cosicché l’invito alla mediazione è più assimilabile al provvedimento che il giudice deve adottare nell’ambito della mediazione obbligatoria. Le suddette clausole sono sempre più frequenti nei contratti con i consumatori, nonché in svariati contratti business to business, principalmente con lo scopo di mantenere un alto livello di confidenzialità. Spesso queste clausole sono combinate con altre di tipo compromissorio, prevedendo in tal modo un primo step in mediazione e, in caso di fallimento, la devoluzione in arbitrato. Il comma 6 dell’articolo 5 equipara l’istanza di mediazione alla domanda giudiziale ai fini della decorrenza dei termini di prescrizione e dell’impedimento della decadenza. Rispetto all’articolo 40 citato, si è aggiunta la previsione secondo cui la domanda di mediazione impedisce la decadenza per una sola volta: ciò al fine di evitare che vengano proposte istanze strumentali di mediazione al solo fine di differire la scadenza del termine decadenziale. Gli effetti sulla prescrizione e sulla decadenza si producono a decorrere dalla ricezione della comunicazione all’altra parte.
6.
7. Controversie condominiali
8.
9. L’art. 71-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie (Riforma del condominio – Legge 11-12-2012 n° 220), chiarisce che per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice civile e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del codice. La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato. Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione. La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata. Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.
10.
11. Giurisprudenza : Il mediatore dovrà rinviare il primo incontro se le parti non sono presenti in persona. Tribunale di Vasto, sentenza del 9 Marzo 2015, giudice Fabrizio Pasquale. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/la-mediazione-si-deve-svolgere-con-le-partie-se-ci-sono-il-mediatore-dovr-rinviare-perch-compaiano.html
12. Il Giudice di Pace dispone come condizione di procedibilità della domanda la partecipazione di entrambe le parti davanti al mediatore. Giudice di Pace di Monza, ordinanza del 28 Gennaio 2015, giudice Debora Ravenna. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/il-giudice-di-pace-dispone-condizione-di-procedibilit-della-domanda-la-presenza-la-partecipazione-di-entrambe-le-parti-davanti-al-mediatore.html
13. Il curatore fallimentare (parte istante) non si presenta “personalmente” al primo incontro. La condizione di procedibilità non è assolta. Tribunale di Palermo, ordinanza del 17 Marzo 2015, giudice Gigi Omar Modica. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/il-giudice-di-pace-dispone-condizione-di-procedibilit-della-domanda-la-presenza-la-partecipazione-di-entrambe-le-parti-davanti-al-mediatore.html
14. Mediazione disposta dal giudice in un procedimento concordatario. Il tentativo deve essere effettivamente avviato. Tribunale di Monza, verbale di udienza del 20 Ottobre 2014, giudice Leopoldo Litta Modignani. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/mediazione-disposta-dal-giudice-procedimento-concordatario-il-tentativo-deve-essere-effettivamente-avviato.html
15. Il rifiuto ‘a prescindere’ di una parte durante il primo incontro informativo non è svolgimento di mediazione. Giudice di Pace di Lecce, sentenza del 6 Novembre 2014, giudice Giuseppe Paparella. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/il-rifiuto-a-prescindere-di-una-parte-durante-il-primo-incontro-informativo-svolgimento-di-mediazione.html
16. Il giudice dichiara improcedibile l’opposizione al decreto ingiuntivo e condanna l’opponente a € 8.030 per non aver esperito la mediazione. Tribunale di Nola, sentenza del 24 Febbraio 2015, giudice Maria Gabriella Frallicciardi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/trib-nola-24-febbraio-2015-maria-gabriella-frallicciardi.html
17. Il tentativo di conciliazione del CTU non esclude la mediazione. Tribunale di Roma, ordinanza del 22 Gennaio 2015, giudice Franca Mangano. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/il-tentativo-di-conciliazione-del-ctu-esclude-la-mediazione.html
18. Opposizione a decreto ingiuntivo improcedibile per mancato esperimento della mediazione delegata. Tribunale di Rimini, sentenza del 5 Agosto 2014, giudice Dario Bernardi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/opposizione-decreto-ingiuntivo-improcedibile-mancato-esperimento-della-mediazione-delegata.html
19. Dottrina: Il Tribunale di Vasto, con sentenza del 9 marzo 2015, che si inserisce nel filone giurisprudenziale ormai costante, che ha ribadito più volte l’acclarato principio della indispensabilità della presenza delle parti nel procedimento di mediazione, onde assicurarne l’effettivo svolgimento, ha cercato di andare oltre, stabilendo dei principi interessanti e innovativi, soprattutto per quanto riguarda i “poteri” del mediatore. La questione riguardava, come altre volte, un procedimento di mediazione in cui, in sede di primo incontro, le parti non erano comparse personalmente, e la procedura si era chiusa perché una delle parti, rappresentata dal legale e non assistita, aveva dichiarato di non voler procedere. Per il Tribunale, trattandosi di mediazione demandata (ma la sentenza afferma che i principi che stiamo per affrontare si applicano anche alle mediazioni di cui all’art. 5, comma 1 bis, del D. Lgs. 28/10), l’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte (o di un di lei delegato), accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato della parte (anche perché, in questo caso, ai sensi di legge, il legale avrebbe dovuto essere assistito da un collega). A sostegno di tale tesi, il Tribunale, dando dimostrazione di ben conoscere la materia, ribadisce alcuni principi fondamentali e, come detto, ormai accertati: il primo è che la natura della mediazione di per sé richiede che all’incontro con il mediatore siano presenti (anche e soprattutto) le parti di persona. L’istituto, infatti, mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto; questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. E’ chiaro che la semplice presenza dei legali è in netto contrasto con questo principio. Il secondo, anch’esso ormai acclarato, è il principio per cui i difensori (mediatori di diritto) sono senza dubbio già a conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità (come, peraltro, si desume dal fatto che essi, prima della causa, devono fornire al cliente l’informazione prescritta dall’art. 4, comma 3 del D. Lgs n. 28/2010), e quindi non avrebbe senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore in vista di una inutile informativa. Ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, vuol dire in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. Una volta accertati questi principi, che fanno seguito ad una giurisprudenza ormai molto numerosa e unanime (Firenze, Roma, Milano, Cassino, Palermo, Rimini e molte altre), però il Tribunale fa di più. Infatti, per la sentenza in commento, sarà il mediatore, che nel caso descritto, essendo soggetto preposto istituzionalmente ad esercitare funzioni di verifica e di garanzia delle disposizioni che garantiscono l’effettivo svolgimento della procedura, adottare ogni provvedimento opportuno per raggiungere detto scopo. Ad esempio, secondo il Tribunale di Vasto, il mediatore potrà disporre un rinvio sollecitando il legale a far comparire personalmente la parte (come fa spesso lo scrivente); in caso di ulteriore assenza, secondo la sentenza, il mediatore potrà anche mettere a verbale che, nonostante le iniziative adottate, la parte a ciò invitata non ha inteso partecipare personalmente agli incontri, né si è determinata a nominare un suo delegato (diverso dal difensore e munito degli opportuni poteri), per il caso di assoluto impedimento a comparire. E’ molto interessante quanto aggiunge, al riguardo, il Tribunale di Vasto:
“La parte che avrà interesse contrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda avrà l’onere di partecipare personalmente a tutti gli incontri di mediazione, chiedendo al mediatore di attivarsi al fine di procurare l’incontro personale tra i litiganti; potrà, altresì, pretendere che nel verbale d’incontro il mediatore dia atto della concreta impossibilità di procedere all’espletamento del tentativo di mediazione, a causa del rifiuto della controparte di presenziare personalmente agli incontri. Solo una volta acclarato che la procedura non si è potuta svolgere per indisponibilità della parte che ha ricevuto l’invito a presentarsi in mediazione, la condizione di procedibilità può considerarsi avverata, essendo in questo caso impensabile che il convenuto possa, con la propria colpevole o volontaria inerzia, addirittura beneficiare delle conseguenze favorevoli di una declaratoria di improcedibilità della domanda, che paralizzerebbe la disamina nel merito delle pretese avanzate contro di sé. Negli altri casi e, segnatamente, quando è la stessa parte che ha agito (o che intende agire) in giudizio a non presentarsi personalmente in una procedura di mediazione da lei stessa attivata (anche su ordine del giudice), la domanda si espone al rischio di essere dichiarata improcedibile, per incompiuta osservanza delle disposizioni normative che impongono il previo corretto esperimento del procedimento di mediazione”.
Il senso di tale statuizione, come detto, è ben evidente: la mediazione si fa con le parti, e ci auguriamo che tale principio, oltre a non essere ulteriormente in discussione, sia sempre più diffuso. (Tratto dal sito ADRCenter.com/mondoadr; link: https://www.mondoadr.it/articoli/anche-il-tribunale-di-vasto-la-mediazione-si-deve-svolgere-con-le-partie-se-ci-sono-il-mediatore-dovr-rinviare-perch-compaiano.html. (A cura dell’Avv. Luca Tantalo)
Art. 6
Durata
1. Il procedimento di mediazione ha una durata non superiore a tre mesi.
2. Il termine di cui al comma 1 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma 1-bis dell’articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell’articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.
1. Termine : L’articolo 6 fissa adesso in tre mesi, dopo la riforma, il termine massimo di durata del procedimento di mediazione, decorrente dal deposito della domanda o, nell’ipotesi di mediazione demandata dal giudice, dal termine da questi fissato per il deposito. Si può osservare che il termine massimo corrisponde adesso a quello previsto dall’articolo 295 del codice di procedura civile per la sospensione volontaria.
Art. 7
Effetti sulla ragionevole durata del processo
1. Il periodo di cui all’articolo 6 e il periodo del rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’articolo 5, commi 1-bis e 2, non si computano ai fini di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89.
Commento: Omissis
Art. 8
Procedimento
1. All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari.
2. Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.
3. Il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole di definizione della controversia.
4. Quando non può procedere ai sensi del comma 1, ultimo periodo, il mediatore può avvalersi di esperti iscritti negli albi dei consulenti presso i tribunali. Il regolamento di procedura dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti.
4-bis. Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per giudizio.
1. La designazione del mediatore
L’articolo 8 regola il procedimento di mediazione, prevedendo innanzitutto che sia il responsabile dell’organismo a designare il mediatore. Qualora il rapporto oggetto di controversia implichi la necessità di conoscenze tecniche specifiche, l’organismo può nominare uno o più mediatori ausiliari e, solo ove ciò non sia possibile, il mediatore potrà avvalersi di esperti iscritti negli albi presso i tribunali. In quest’ultimo caso il regolamento dell’organismo deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione del compenso all’esperto, che sarà a carico delle parti nel caso di ricorso ad un esperto iscritto all’albo dei CTU.
2. Le forme del procedimento:
L’articolo 8 stabilisce che il procedimento di mediazione non sia soggetto ad alcuna formalità. Si prevede che il responsabile dell’organismo fissi il primo incontro tra le parti non oltre 30 giorni dal deposito della domanda, termine che ha sostituito quello originario di 15 giorni, che si è dimostrato nella pratica troppo breve, ai fini degli adempimenti necessari. La norma prevede che il procedimento si svolga presso la sede dell’organismo o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo, norma che permette quindi agli organismi di scindere la propria sede amministrativa da quella dove si svolgono le mediazioni. La norma, al comma 3, prevede poi che il mediatore abbia come obiettivo primario quello di portare le parti al raggiungimento di un accordo amichevole, una disposizione che può apparire superflua, ma che si può invece interpretare, in primo luogo, come una riaffermazione della funzione facilitativa del mediatore, con l’assenza di qualsiasi connotazione decisionale, e, secondariamente, ma in una prospettiva coerente con tale presupposto, anche nel senso di indicare la priorità della ricerca dell’accordo sulla formulazione della proposta.
3. “Primo incontro”:
La norma dell’articolo 8 è stata oggetto di una delle modifiche più significative introdotte dalla riforma del 2013, che ha ad oggetto la disciplina del “primo incontro”, finalizzata a superare o almeno ad attenuare l’opposizione al meccanismo stesso della obbligatorietà.
Si ritiene che anche in questa prima fase sia di regola indispensabile la presenza personale delle parti o che, comunque, il rappresentante che si presenta per partecipare nel nome e per conto di una parte sia munito di procura speciale con poteri di transazione e sia perfettamente informato dei fatti.
La norma prevede che “Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione” invitando quindi le parti ed i loro avvocati “a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”. In questo modo, qualora le parti non intendano proseguire nel tentativo, o qualora anche solo una delle stesse non intenda procedere, la condizione di procedibilità sarà soddisfatta, con un meccanismo che si presenta quindi come estremamente breve e semplificato. Si può prevedere fin d’ora, tuttavia, che nella pratica il confine tra la fase informativa iniziale e la vera e propria fase di mediazione non sarà sempre così semplice da tracciare, nel corso del primo colloquio, e potrà dare luogo a qualche problema, anche ai fini del pagamento dell’indennità, che è stato escluso totalmente per la fase informativa, in caso di mancato passaggio alla fase di mediazione, un passaggio che potrebbe invece verificarsi molto facilmente, in pratica, anche per consentire alle parti di verificare la propria disponibilità.
- L’assistenza del difensore
Prima di tutto, come nella disciplina del tentativo obbligatorio, è prevista l’assistenza obbligatoria dell’avvocato, sino al termine della procedura. Si deve notare nuovamente che la disposizione sembra riferirsi a tutte le ipotesi di mediazione, data la sua collocazione nell’ambito dell’articolo 8, e non alle sole ipotesi di mediazione obbligatoria, come pure ritenuto da alcuni tra i primi commentatori della riforma.
- La fase informativa del procedimento
La norma prevede che “Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione” invitando quindi le parti ed i loro avvocati “a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento”. In questo modo, qualora le parti non intendano proseguire nel tentativo, o qualora anche solo una delle stesse non intenda procedere, la condizione di procedibilità sarà soddisfatta, con un meccanismo che si presenta quindi come estremamente breve e semplificato. Si può prevedere fin d’ora, tuttavia, che nella pratica il confine tra la fase informativa iniziale e la vera e propria fase di mediazione non sarà sempre così semplice da tracciare, nel corso del primo colloquio, e potrà dare luogo a qualche problema, anche ai fini del pagamento dell’indennità, che è stato escluso totalmente per la fase informativa, in caso di mancato passaggio alla fase di mediazione, un passaggio che potrebbe invece verificarsi molto facilmente, in pratica, anche per consentire alle parti di verificare la propria disponibilità.
4. La mancata partecipazione: L’articolo 8 del Decreto Legislativo, nel testo risultante dal comma 4-bis introdotto dal decreto “del fare”, ripristina il testo precedente alla declaratoria di illegittimità costituzionale consequenziale risultante dalla sentenza della Corte. La disposizione prevede che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice possa desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile, e la condanna della parte che non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, nelle ipotesi di obbligatorietà del tentativo, al pagamento di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Ritenendo, con ogni probabilità, che le ipotesi di “piena coincidenza” tra la proposta del mediatore e la sentenza possono essere rare, il legislatore delegato si era spinto oltre per quanto riguarda la disciplina delle spese, autorizzando il giudice, anche quando non vi fosse stata piena coincidenza tra il contenuto della proposta e il provvedimento che definisce il giudizio, ma concorrendo gravi ed eccezionali ragioni, a escludere in favore della parte vincitrice la ripetizione, parziale o integrale, delle spese inerenti al procedimento di mediazione. In caso di non piena coincidenza, in altre parole, la sanzione sarebbe possibile solo qualora ricorrano circostanze molto forti. Anche questa parte della disciplina precedente alla sentenza della Corte Costituzionale, che è stata dichiarata illegittima in via consequenziale, è stata peraltro reintrodotta dal decreto.
5. Indicazioni Pratiche: Codice Europeo di Condotta dei Mediatori: https://www.mondoadr.it/normativa/codice-europeo-di-condotta-mediatori.html
6. Giurisprudenza:
Per effetto dell’art. 116 c.p.c., la mancata partecipazione dei convenuti costituisce elemento integrativo a favore dell’attore per l’accertamento e la prova dei fatti. Tribunale di Roma, sentenza del 17 Febbraio 2015, giudice Massimo Moriconi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/12744.html
Sanzioni a favore dell’Erario se le parti non aderiscono alla mediazione e non partecipano personalmente. Tribunale di Cassino, ordinanza dell’8 Ottobre 2014, giudice Filippo Giuseppe Capuzzi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/sanzioni-favore-dellerario-se-le-parti-aderiscono-alla-mediazione-partecipano-personalmente.html
Condannato alle spese e per responsabilità ex art.96 co III° c.p.c. la parte che non prende in esame con attenzione la proposta del giudice. Tribunale di Roma, sentenza del 30 Ottobre 2014, giudice Massimo Moriconi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/condannato-alle-spese-responsabilit-art96-iii-cpc-la-parte-che-prende-esame-con-attenzione-la-proposta-del-giudice.html
Rifiuta la proposta conciliativa del giudice di € 85.000 in 24 rate mensili e non partecipa alla mediazione. Condannato in sentenza a € 216.540 e a €18.000 di spese. Tribunale di Roma, sentenza del 30 Ottobre 2014, giudice Massimo Moriconi. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/test-2.html
Art. 9
Dovere di riservatezza
1. Chiunque presta la propria opera o il proprio servizio nell’organismo o comunque nell’ambito del procedimento di mediazione è tenuto all’obbligo di riservatezza rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite durante il procedimento medesimo.
2. Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni, il mediatore è altresì tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre parti.
1. Il dovere di riservatezza: L’articolo 9 disciplina i doveri di riservatezza che incombono su coloro che svolgono la loro attività professionale o lavorativa presso l’organismo, rispetto alle dichiarazioni e informazioni comunque acquisite durante il procedimento di mediazione. Per il mediatore, tale dovere si estende alle parti del procedimento, rispetto alle dichiarazioni e alle informazioni che egli ha raccolto da ciascuna di esse durante le sessioni separate. E’ infatti noto che la moderna mediazione, ispirata alla logica della composizione anche facilitativa della lite, si caratterizza per il fatto di utilizzare tecniche diverse da quelle che contraddistinguono il processo ordinario; tra queste vi è quella che suggerisce al mediatore di ascoltare le parti anche separatamente, onde assumere informazioni che la parte potrebbe non essere propensa a rivelare davanti alla controparte, ma che sono comunque utili al mediatore per favorire il raggiungimento di un accordo. A garanzia della buona riuscita delle sessioni separate, vi è dunque il dovere del mediatore di non rivelare quanto appreso in quella sede neppure alle altre parti del procedimento durante le sessioni comuni e di non trasfondere le informazioni nella proposta o nel verbale che chiudono la mediazione. Il dovere di segretezza rispetto alle dichiarazioni rese separatamente può essere derogato dalle parti, rientrando nella loro disponibilità negoziale.
Art. 10
Inutilizzabilità e segreto professionale
1. Le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sulle stesse dichiarazioni e informazioni non è ammessa prova testimoniale e non può essere deferito giuramento decisorio.
2. Il mediatore non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nel procedimento di mediazione, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità. Al mediatore si applicano le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’articolo 103 del codice di procedura penale in quanto applicabili.
1. Inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle parti
L’articolo 10 disciplina il segreto professionale cui è tenuto il mediatore, e il regime probatorio di cui sono oggetto le informazioni riservate acquisite durante lo svolgimento della mediazione. In particolare, le dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso della mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avviato a seguito dell’insuccesso della mediazione né possono formare oggetto di testimonianza
2. Obbligo del segreto professionale:
Poiché le dichiarazioni e informazioni acquisite nel corso della mediazione il mediatore non può essere costretto a deporre sulle stesse dichiarazioni o informazioni davanti ad ogni autorità, giudiziaria o di altra natura. Al mediatore, in particolare, sono estese le disposizioni dell’articolo 200 del codice di procedura penale e le garanzie assegnate dall’articolo 103, dello stesso codice, al difensore. Questa norma si collega alla regolamentazione della riservatezza che – anche nei rapporti bilaterali tra le singole parti e il mediatore – deve accompagnare il procedimento di mediazione, affinché i soggetti coinvolti si sentano liberi di manifestare i loro reali interessi davanti a un soggetto terzo.
Art. 11
Conciliazione
1. Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo medesimo. Quando l’accordo non è raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13.
2. La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.
3. Se è raggiunto l’accordo amichevole di cui al comma 1 ovvero se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del codice civile, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. L’accordo raggiunto, anche a seguito della proposta, può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti ovvero per il ritardo nel loro adempimento.
4. Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma processo verbale con l’indicazione della proposta; il verbale è sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere. Nello stesso verbale, il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti al procedimento di mediazione.
5. Il processo verbale è depositato presso la segreteria dell’organismo e di esso è rilasciata copia alle parti che lo richiedono.
1. Natura, nozione e disciplina della conciliazione: Nell’articolo 11 è regolata la fase conclusiva del procedimento di mediazione, che ha tre possibili esiti. Il primo, positivo, è regolato nel comma 1, e vede il mediatore in veste di facilitatore di un accordo amichevole tra le parti. Il raggiungimento di un accordo amichevole è fortemente stimolato dal decreto, che intende promuovere la composizione bonaria. Anche in questo caso ci troviamo davanti a una conciliazione i cui contenuti non scaturiscono tuttavia da una proposta conciliativa espressa. Il mediatore si limita perciò a formare processo verbale dell’avvenuto accordo. Qualora l’accordo amichevole non sia raggiunto, il mediatore può formulare in ogni caso, e deve formulare, su concorde richiesta delle parti, una proposta conciliativa. La reazione delle parti alla proposta del mediatore determina gli altri due possibili esiti del procedimento. In caso di accettazione da parte di tutti, la conciliazione è raggiunta. In mancanza anche di un solo consenso, la conciliazione è da considerarsi fallita. Salva l’ipotesi in cui siano entrambe le parti a chiederlo espressamente, il legislatore ha voluto evitare di rendere obbligatoria la proposta del mediatore. Tuttavia, al terzo neutrale è rimessa la valutazione circa l’esistenza di elementi sufficienti per una definizione alternativa della lite. In questo caso, il mediatore può comunque presentare la propria proposta, che ovviamente la parte contraria resta libera di rifiutare. La sentenza n 272/2012 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, quasi integrale, dell’articolo 13 del decreto legislativo anche della parte dell’articolo 11 che prevedeva che il mediatore, prima di formulare la proposta, avvertisse le parti sulle conseguenze dell’eventuale mancata accettazione. Entrambe le previsioni, che in effetti si riferivano anche alla mediazione volontaria, sono state peraltro integralmente ripristinate dall’articolo 84, lettera n) del DL 69/2013. La proposta è comunicata alle parti per iscritto. Accettazione o rifiuto devono pervenire entro 7 giorni dalla comunicazione. In caso di mancata risposta, il silenzio equivale a rifiuto. La proposta rimane soggetta a riservatezza, ossia non sono riportate nella proposta le dichiarazioni e le informazioni comunicate dalle parti. In caso di accettazione di tutte le parti la conciliazione è raggiunta. L’accordo raggiunto o la proposta accettata possono prevedere il pagamento di una somma di danaro per ogni violazione o inosservanza o ritardo nell’adempimento. Il conciliatore redige processo verbale sia in caso di accettazione che di rifiuto. La documentazione mediante verbale riveste importanza fondamentale, in quanto il verbale positivo di accordo costituisce, ai sensi dell’articolo 12, titolo esecutivo, mentre il verbale che attesta la mancata conciliazione può determinare le conseguenze sanzionatorie di cui al successivo articolo 13, oggi ripristinato con il decreto. Come già osservato, il decreto “del fare” ha introdotto una nuova forma di proposta conciliativa affidata al giudice, nel corso della causa, che rappresenta un’evoluzione, ed una più precisa definizione, della disciplina tradizionale del tentativo di conciliazione giudiziale. L’articolo 77 introduce infatti nel codice di procedura civile l’articolo 185-bis, che prevede la facoltà per il giudice, in qualunque momento della causa, a partire dalla prima udienza e fino alla chiusura dell’istruzione, di formulare una proposta conciliativa o transattiva, tenendo conto della natura del giudizio, del valore della controversia e dell’esistenza di questioni di facile e pronta soluzione. La proposta, se rifiutata, non può costituire motivo di ricusazione, per il giudice, e, sempre in caso di rifiuto, la scelta della parte potrà essere valutata ai fini della decisione sulle spese.
2. Accordi soggetti a trascrizione
- In genere
Art. 2643 c.c. . Atti soggetti a trascrizione
Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione:
1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto su beni immobili, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell’enfiteuta
2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale1;
3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti;
4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali, il diritto di uso sopra beni immobili, il diritto di abitazione;
5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti;
6) i provvedimenti con i quali nell’esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari, eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente;
7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico;
8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni;
9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni;
10) i contratti di società e di associazione con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell’associazione eccede i nove anni o è indeterminata;
11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l’effetto indicato dal numero precedente;
12) i contratti di anticresi;
12-bis) gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (Numero aggiunto dall’art. 84-bis, comma 1, D.L. 21.6.2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9.8.2013, n. 98).
13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti;
14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti
- Usucapione
La riforma ha introdotto anche una modifica della disciplina civilistica della trascrizione, prevista dall’articolo 2643 del codice civile, per consentire la trascrizione degli accordi di mediazione aventi ad oggetto l’usucapione di immobili, un punto che ha determinato problemi interpretativi della disciplina originaria del Decreto Legislativo 28/2010.
Agevolazioni fiscali: si rimanda all’art. 17
Art. 12
Efficacia esecutiva ed esecuzione
1. Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. In tutti gli altri casi l’accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico. Nelle controversie transfrontaliere di cui all’articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio, il verbale è omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l’accordo deve avere esecuzione.
2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
1. Efficacia esecutiva dell’accordo: La riforma ha introdotto una significativa novità nella disciplina della esecutività dell’accordo, stabilendo che, ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione per consegna e rilascio, degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Gli avvocati, sottoscrivendo l’accordo, attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative ed all’ordine pubblico. La norma, peraltro, non ha soppresso la disciplina dell’omologa da parte del Presidente del Tribunale, da individuare in quello del luogo dove ha sede l’organismo, meccanismo che costituiva fino alla modifica ad opera riforma l’unico meccanismo per attribuire esecutività all’accordo. La previsione dell’omologa presidenziale impone di ritenere che vi possano essere ipotesi nelle quali le parti non siano assistite dagli avvocati, o nelle quali gli stessi avvocati non ritengano di poter sottoscrivere l’accordo. In caso di controversie transfrontaliere, invece, la norma non è stata modificata, e si deve dunque ritenere, dal momento che la norma parla solo di omologa da parte del Presidente del Tribunale, che in questo caso non operi la disciplina della sottoscrizione-attestazione da parte degli avvocati.
2. Giurisprudenza (cenni): Ordinanza del Tribunale di Avezzano del 29 ottobre 2014: al verbale di mediazione omologato non serve la formula esecutiva. Tribunale di Avezzano, ordinanza del 29 Ottobre 2014, giudice Andrea Dell’Orso. Link: https://www.mondoadr.it/giurisprudenza/ordinanza-del-tribunale-di-avezzano-del-29-ottobre-2014-al-verbale-di-mediazione-omologato-serve-la-formula-esecutiva.html
Art. 13
Spese processuali
1. Quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì alle spese per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.
2. Quando il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta, il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può nondimeno escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo precedente.
3. Salvo diverso accordo, le disposizioni dei commi e 2 non si applicano ai procedimenti davanti agli arbitri.
1. Il rifiuto ingiustificato della proposta del mediatore: disciplina delle spese processuali: Il decreto del “fare”, come già detto, ha ripristinato il disposto dell’articolo 13, primo comma, del decreto 28/2010, che era stato dichiarato illegittimo in via consequenziale dalla sentenza della Corte Costituzionale. Secondo tale disposizione, in linea con i criteri previsti dalla legge delega (art. 60, comma 3 lettera p), la parte che ha rifiutato la proposta di conciliazione, secondo il disposto dell’articolo 13, può vedersi addossare le conseguenze economiche del processo, anche se vittoriosa, quando vi sia piena coincidenza tra il contenuto della proposta e il provvedimento che definisce il giudizio. La disciplina delle spese processuali viene dunque intesa come risposta dell’ordinamento alla possibile strumentalizzazione tanto della mediazione che del servizio-giustizia. La disciplina dell’articolo 13, comma 1, prevede, pertanto, una rilevante eccezione al principio della soccombenza. In particolare si prevede che la parte vittoriosa (1) non possa ripetere le spese sostenute nel periodo successivo alla formulazione della proposta, (2) sia condannata al rimborso di quelle sostenute dalla controparte nello stesso periodo e (3) sia altresì soggetta al pagamento di una somma di denaro, a titolo di sanzione pecuniaria processuale, in misura corrispondente all’entità del contributo unificato dovuto per quella tipologia di causa. Ai medesimi fini, sono poi equiparate alle spese processuali propriamente dette le spese sostenute dalle parti nel corso della mediazione per il mediatore e per l’eventuale esperto. Resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di rito civile, qualora ne ricorrano i presupposti. Ritenendo, con ogni probabilità, che le ipotesi di “piena coincidenza” tra la proposta del mediatore e la sentenza possono essere rare, il legislatore delegato si era spinto oltre per quanto riguarda la disciplina delle spese, autorizzando il giudice, anche quando non vi fosse stata piena coincidenza tra il contenuto della proposta e il provvedimento che definisce il giudizio, ma concorrendo gravi ed eccezionali ragioni, a escludere in favore della parte vincitrice la ripetizione, parziale o integrale, delle spese inerenti al procedimento di mediazione. In caso di non piena coincidenza, in altre parole, la sanzione sarebbe possibile solo qualora ricorrano circostanze molto forti. Anche questa parte della disciplina, precedente alla sentenza della Corte Costituzionale, che era stata dichiarata illegittima in via consequenziale, è stata reintrodotta dal decreto del fare.
Art. 14
Obblighi del mediatore
1. Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi, direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente inerenti alla prestazione dell’opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi direttamente dalle parti.
2. Al mediatore è fatto, altresì, obbligo di: a) sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di imparzialità secondo le formule previste dal regolamento di procedura applicabile, nonché gli ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo regolamento; b) informare immediatamente l’organismo e le parti delle ragioni di possibile pregiudizio all’imparzialità nello svolgimento della mediazione; c) formulare le proposte di conciliazione nel rispetto del limite dell’ordine pubblico e delle norme imperative; d) corrispondere immediatamente a ogni richiesta organizzativa del responsabile dell’organismo.
3. Su istanza di parte, il responsabile dell’organismo provvede alla eventuale sostituzione del mediatore. Il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull’istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell’organismo.
Commento: Omissis
Art. 15
Mediazione nell’azione di classe
1. Quando è esercitata l’azione di classe prevista dall’articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni, la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito.
1. La mediazione nell’azione di classe: L’articolo 15 regola i rapporti tra la mediazione e l’azione di classe ai sensi del nuovo articolo 140-bis del codice del consumo. In linea generale, rispetto all’azione di classe la mediazione non costituisce mai, neppure nelle materie di cui all’articolo 5, comma 1, condizione di procedibilità della domanda. Questo non significa, tuttavia, che l’azione di classe precluda la mediazione. Affinché la mediazione sia idonea a propagare i propri effetti oltre l’attore e il convenuto, occorre però attendere la scadenza del termine per l’adesione degli altri appartenenti alla classe medesima, ai sensi dell’articolo 140-bis, che tutela i diritti individuali di coloro che non abbiano né promosso l’azione, né aderito alla stessa successivamente. Solo la conciliazione intervenuta dopo la scadenza del termine per l’adesione all’azione ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito, in base all’articolo 15 del decreto.
Capo III
ORGANISMI DI MEDIAZIONE
Art. 16
Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori
1. Gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione nelle materie di cui all’articolo 2 del presente decreto. Gli organismi devono essere iscritti nel registro.
2. La formazione del registro e la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali, nonché la determinazione delle indennità spettanti agli organismi sono disciplinati con appositi decreti del Ministro della giustizia, di concerto, relativamente alla materia del consumo, con il Ministro dello sviluppo economico. Fino all’adozione di tali decreti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei decreti del Ministro della giustizia 23 luglio 2004, n. 222 e 23 luglio 2004, n. 223. A tali disposizioni si conformano, sino alla medesima data, gli organismi di composizione extragiudiziale previsti dall’articolo 141 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni.
3. L’organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando ogni successiva variazione. Nel regolamento devono essere previste, fermo quanto stabilito dal presente decreto, le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall’organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità spettanti agli organismi costituiti da enti privati, proposte per l’approvazione a norma dell’articolo 17. Ai fini dell’iscrizione nel registro il Ministero della giustizia valuta l’idoneità del regolamento.
4. La vigilanza sul registro è esercitata dal Ministero della giustizia e, con riferimento alla sezione per la trattazione degli affari in materia di consumo di cui al comma 2, anche dal Ministero dello sviluppo economico.
4.bis Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori. Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico/pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense. Dall’attuazione della presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
5. Presso il Ministero della giustizia è istituito, con decreto ministeriale, l’elenco dei formatori per la mediazione. Il decreto stabilisce i criteri per l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, nonché per lo svolgimento dell’attività di formazione, in modo da garantire elevati livelli di formazione dei mediatori. Con lo stesso decreto, è stabilita la data a decorrere dalla quale la partecipazione all’attività di formazione di cui al presente comma costituisce per il mediatore requisito di qualificazione professionale.
6. L’istituzione e la tenuta del registro e dell’elenco dei formatori avvengono nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti, e disponibili a legislazione vigente, presso il Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico, per la parte di rispettiva competenza e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
1. Registrazione degli Organismi nel registro ministeriale: L’articolo 16 del decreto legislativo regola gli organismi di mediazione, ispirandosi al d.lgs. n. 5 del 2003 che li aveva previsti per la materia societaria. Per l’iscrizione dell’organismo, pubblico o privato, sarà necessario depositare il regolamento, in cui prevedere, in ipotesi di modalità telematiche di mediazione, le garanzie di riservatezza che si assicurano alle parti e al procedimento. Al regolamento dovranno allegarsi le tabelle delle indennità degli enti privati, mentre quelle degli enti pubblici sono stabilite con decreto. Il Ministero della giustizia, unitamente al Ministero dello sviluppo economico per la materia del consumo, si occupa della vigilanza sul registro nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già esistenti. I decreti ministeriali emanati a seguito del Decreto Legislativo, come previsto dallo stesso articolo 16, hanno regolato la formazione e la revisione del registro, l’iscrizione, la sospensione e la cancellazione degli iscritti, l’istituzione di separate sezioni del registro per la trattazione degli affari che richiedono specifiche competenze anche in materia di consumo e internazionali. L’articolo 16 stabilisce la creazione di sezioni separate per i mediatori che trattino controversie particolari, tra cui quelle disciplinate dall’articolo 141 del codice del consumo e quelle che presentano elementi di internazionalità, nonché l’istituzione, sempre con decreto, di un albo dei formatori, essenziali per formare mediatori dotati di elevata professionalità. A tale ultimo riguardo, si rinvia alla normativa di decreto.
Link a IL NUOVO REGISTRO degli ORGANISMI di mediazione:
https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX
Link a IL NUOVO ELENCO degli ENTI di formazione:
https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboEntiFormazione.aspx
Link a ELENCO dei MEDIATORI:
https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX
Link a ELENCO dei FORMATORI:
https://mediazione.giustizia.it/ROM/AlboFormatori.aspx
2. Agenzia Entrate , risoluzione 29.11.2011 n° 113
L’attività di mediazione deve qualificarsi, sia ai fini dell’imposizione diretta che dell’IVA, come attività organizzata in forma d’impresa diretta alla prestazione di servizi.
E’ quanto illustra la Risoluzione 29 novembre 2011, n. 113 con la quale l’Agenzia delle Entrate chiarisce che l’attività di mediazione si qualifica come attività economica organizzata diretta alla prestazione di servizi, verso corrispettivo, avente ad oggetto l’assistenza di due o più parti nella ricerca di una conciliazione extragiudiziale di controversie in materia civile e commerciale su diritti disponibili.
In particolare, l’attività realizzata dall’organismo di mediazione – organizzata in forma d’impresa e diretta alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 del codice civile – è riconducibile nell’ambito applicativo, ai fini IRES, della lettera a) del comma 2 del citato art. 55 del TUIR e, ai fini IVA, dell’art. 4, primo comma, del DPR n. 633 del 1972. L’inquadramento fiscale agli effetti dell’IRES e dell’IVA sopra delineato vale anche nell’ipotesi di attività di mediazione posta in essere dai consigli degli ordini degli avvocati mediante l’istituzione di appositi organismi di mediazione, sia quali articolazioni interne degli stessi consigli degli ordini, sia quali enti autonomi rispetto ai singoli consigli degli ordini.
Si veda anche
Agenzia delle Entrate, Risoluzione 29 novembre 2011, n. 113
OGGETTO: Interpello – articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212. Trattamento tributario dell’attività di mediazione svolta ai sensi del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.
Con l’interpello specificato in oggetto è stato esposto il seguente quesito:
http://www.altalex.com/index.php?idnot=16389
3. L’avvocato mediatore di diritto: La riforma introduce peraltro una novità estremamente significativa, che nasce dal dibattito sollevato dalle polemiche di una parte dell’avvocatura. Il comma 4-bis dell’articolo 16 stabilisce infatti che gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori, ma, se iscritti ad organismi di mediazione, devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici, nel rispetto delle previsioni dell’articolo 55-bis del codice deontologico forense. Il contenuto di tale obbligo formativo dovrà certamente essere oggetto di successivi interventi ministeriali, oltre che di previsione da parte dei regolamenti degli organismi.
4. Indicazioni Pratiche: Registro degli Organismi di Mediazione: https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOORGANISMIMEDIAZIONE.ASPX
Elenco dei Formatori per la Mediazione: https://mediazione.giustizia.it/ROM/ALBOMEDIATORI.ASPX
Art. 17
Risorse, regime tributario e indennità
1. In attuazione dell’articolo 60, comma 3, lettera o), della legge 18 giugno 2009, n. 69, le agevolazioni fiscali previste dal presente articolo, commi 2 e 3, e dall’articolo 20, rientrano tra le finalità del Ministero della giustizia finanziabili con la parte delle risorse affluite al “Fondo Unico Giustizia” attribuite al predetto Ministero, ai sensi del comma 7 dell’articolo 2, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, e dei commi 3 e 4 dell’articolo 7 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri della giustizia e dell’interno, in data 30 luglio 2009, n. 127.
2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
3. Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la parte eccedente.
4. Fermo quanto previsto dai commi 5-bis e 5-ter del presente articolo, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, sono determinati: a) l’ammontare minimo e massimo delle indennità spettanti agli organismi pubblici, il criterio di calcolo e le modalità di ripartizione tra le parti; b) i criteri per l’approvazione delle tabelle delle indennità proposte dagli organismi costituiti da enti privati; c) le maggiorazioni massime delle indennità dovute, non superiori al 25 per cento, nell’ipotesi di successo della mediazione; d) le riduzioni minime delle indennità dovute nelle ipotesi in cui la mediazione è condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, ovvero è prescritta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2.
5.2 Omissis.
5-bis. Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, ovvero è disposta dal giudice ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del presente decreto all’organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte che si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell’articolo 76 (L) del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115. A tal fine la parte è tenuta a depositare presso l’organismo apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la cui sottoscrizione può essere autenticata dal medesimo mediatore, nonché a produrre, a pena di inammissibilità, se l’organismo lo richiede, la documentazione necessaria a comprovare la veridicità di quanto dichiarato.
5-ter. Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione.
6. Il Ministero della giustizia provvede, nell’ambito delle proprie attività istituzionali, al monitoraggio delle mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell’indennità di mediazione. Dei risultati di tale monitoraggio si tiene conto per la determinazione, con il decreto di cui all’articolo 16, comma 2, delle indennità spettanti agli organismi pubblici, in modo da coprire anche il costo dell’attività prestata a favore dei soggetti aventi diritto all’esonero.
7. L’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni in relazione alla variazione, accertata dall’Istituto Nazionale di Statistica, dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel triennio precedente.
8. Alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 2 e 3, valutati in 5,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010 e 7,018 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione della quota delle risorse del “Fondo unico giustizia” di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b) del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, che, a tal fine, resta acquisita all’entrata del bilancio dello Stato.
9. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 2 e 3 ed in caso si verifichino scostamenti rispetto alle previsioni di cui al comma 8, resta acquisito all’entrata l’ulteriore importo necessario a garantire la copertura finanziaria del maggiore onere a valere sulla stessa quota del Fondo unico giustizia di cui al comma 8.
1. Osservazioni generali sulle agevolazioni fiscali
Con il decreto legislativo del 04/03/2010 n. 28 sulla mediazione civile e commerciale (il decreto), il legislatore ha previsto, a favore di quanti vi facciano ricorso, forme di esenzioni ed agevolazioni fiscali; ciò anche in attuazione delle legge delega (l. 69/09 art. 60 comma 3 lettera o), che stabilisce di prevedere, a favore delle parti in mediazione, forme di agevolazione di carattere fiscale, in quanto rientranti tra le finalità del Ministero della Giustizia, assicurando, al contempo, l’invarianza del gettito (finanziabili, quindi, attraverso gli introiti affluiti al c.d. Fondo Unico Giustizia) si veda anche https://www.mondoadr.it/articoli/i-vantaggi-economicofiscali-della-mediazione-ex-d-lgs-04032010-n-28.html
Il regime fiscale- in genere-
L’articolo 17 disciplina il regime fiscale del procedimento di mediazione e l’ammontare delle indennità dovute al mediatore. Sotto il primo profilo, i commi 2 e 3 introducono – in linea con quanto previsto dall’articolo 60, comma 3, lettera o) della legge-delega e con l’evidente finalità di incentivare il ricorso alla mediazione – un regime di esenzione fiscale, che è integrale con riferimento all’imposta di bollo e parziale con riferimento all’imposta di registro. Quest’ultima non è infatti dovuta per i verbali di conciliazione di valore fino a 51.646 euro. Il tetto è stato così fissato, innalzando quello già previsto nella conciliazione societaria, per uniformare la conciliazione disciplinata dal decreto alla conciliazione giudiziale.
2. Natura delle indennità e disciplina delle stesse tramite la struttura a scaglioni: La procedura di mediazione ha evidentemente un costo. Il comma 4 dell’articolo 17 fa rinvio in proposito alla normativa secondaria per la determinazione dell’ammontare delle indennità, che è stata successivamente dettata dal DM 180/2010. L’articolo 16 di tale decreto disciplina i criteri di determinazione dell’indennità dovuta da ciascuna delle parti, precisando, all’undicesimo comma, che le spese “sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento”, ma con la precisazione che, ai fini del pagamento dell’indennità, i soggetti che rappresentano un unico centro di interessi si considerano come un’unica parte. Il sistema prescelto si fonda sul pagamento di un’indennità, costituita dalle spese di avvio del procedimento, determinata nella somma fissa di 40 euro, che vale per tutti gli organismi, pubblici o privati che siano, e dalle spese di mediazione, spese che come prevede il decimo comma dell’articolo 16, “comprendono anche l’onorario del mediatore per l’intero procedimento di mediazione, indipendentemente dal numero di incontri svolti”, con esclusione, quindi, del pagamento di onorari a tempo, comuni in altre esperienze nazionali. Le spese “rimangono fisse anche nel caso di mutamento del mediatore nel corso del procedimento ovvero di nomina di un collegio di mediatori”, disposizione che, implicitamente, rende ammissibili tali ipotesi, pure non espressamente disciplinate. Le spese comprendono anche quelle di nomina di mediatori ausiliari, vale a dire quelli che possono essere nominati dall’organismo nelle controversie che richiedono specifiche competenze tecniche, secondo il disposto dell’articolo 8 del decreto legislativo, e di nomina di un diverso mediatore, come già ricordato, per la formulazione della proposta. La norma non richiama anche il compenso degli esperti che possono essere nominati in caso di mancanza di mediatori ausiliari, che deve invece essere previsto dal regolamento dell’organismo, come stabilito dall’articolo 8 del decreto legislativo 28/2010. Le spese di mediazione sono determinate nella tabella A allegata al decreto, che prevede dieci scaglioni di valore. La norma, per evitare applicazioni distorte, prevede che gli importi dovuti per il singolo scaglione non si sommino tra loro e che si considerino importi minimi quelli corrispondenti al massimo dello scaglione di valore immediatamente precedente a quello applicabile, e che l’importo minimo relativo al primo scaglione possa essere liberamente determinato. Il valore della lite dovrà essere indicato nella domanda di mediazione così come previsto dalle norme di procedura per la domanda giudiziale. La norma, pertanto, integra le previsioni dell’articolo 4 del decreto legislativo relative al contenuto dell’istanza di mediazione. L’importo previsto dalla tabella può essere aumentato in misura non superiore ad un quinto tenuto conto della particolare importanza, complessità o difficoltà dell’affare, e deve essere aumentato fino allo stesso livello in caso di successo della mediazione, mentre, nel caso di formulazione della proposta del mediatore, deve essere aumentato in misura fissa di un quinto. Deve invece essere ridotto di un terzo nelle materie per le quali è previsto il tentativo obbligatorio di mediazione, e la formulazione della norma, che fa riferimento alle materie e non al tentativo obbligatorio in se considerato, sembra imporre tale riduzione anche prima ed a prescindere dall’entrata in vigore della norma sul tentativo obbligatorio. La riforma, peraltro, come già detto, ha escluso qualsiasi compenso per l’organismo di mediazione nell’ipotesi di mancato accordo all’esito del primo incontro (articolo 17, comma 5-ter). Si deve ritenere, tuttavia, che anche in tale ipotesi siano dovute dalle parti le spese di avvio del procedimento, pari a 40 euro, proprio per la loro funzione ed il loro riferimento ad una fase antecedente l’instaurazione del procedimento di mediazione. Le disposizioni della tabella, ed i relativi importi minimi e massimi, sono vincolanti solo per gli organismi pubblici, così come previsto dall’articolo 17, comma 4 lettera a) del decreto legislativo. Tuttavia, con una modifica introdotta dopo il parere del Consiglio di Stato, il decreto ha previsto che anche gli organismi privati debbano applicare gli importi della tabella, con la prevista riduzione, per le materie per le quali è previsto il tentativo obbligatorio di mediazione. Negli altri casi, la determinazione dell’indennità per gli organismi privati è libera, anche se soggetta ad approvazione da parte del Responsabile del Registro, come detto. Il decreto legislativo 28/2010 distingue sul punto, all’articolo 17, lettere a) e b), tra organismi pubblici, per i quali il decreto ministeriale deve precisare gli importi minimi e massimi delle indennità, ed organismi privati, per i quali il decreto deve precisare solo i criteri di approvazione delle tabelle da loro proposte. Si deve infine ricordare che, secondo l’articolo 17 del decreto legislativo 28/2010, l’ammontare dell’indennità può essere rideterminato ogni tre anni, in relazione alla variazione del costo della vita accertata dall’ISTAT. La disciplina del DM 180/2010 dovrà certamente essere integrata e modificata da un nuovo decreto ministeriale, non solo per un eventuale aggiornamento delle indennità, ma anche per un opportuno chiarimento sul pagamento delle spese di avvio della procedura (attualmente sub judice) e per la determinazione della riduzione minima dell’indennità in caso di mediazione disposta dal giudice, come previsto dalla relativa modifica introdotta nell’articolo 17, quarto comma, lettera d). In ogni caso la scelta dell’indennità fissa, legata a scaglioni di valore, incentiva certamente la rapidità della procedura, anche se la scelta di una tariffa oraria progressivamente ridotta avrebbe potuto consentire anche la valorizzazione della qualità del mediatore, senza effetti negativi sulla parte, dal punto di vista economico. In linea con quanto già avvenuto per la conciliazione societaria. La normativa secondaria determina poi i criteri per l’approvazione delle tabelle elaborate dagli organismi privati, le maggiorazioni dovute per l’ipotesi di successo della mediazione e le riduzioni che i regolamenti degli organismi devono prevedere per l’ipotesi in cui il ricorso alla mediazione sia obbligatorio ai sensi dell’articolo 5. L’articolo 17, comma 5-bis del Decreto, introdotto dalla riforma, prevede inoltre l’esenzione dal pagamento dell’indennità per le persone meno abbienti e per le persone che versano nelle condizioni previste per l’ammissione al gratuito patrocinio nelle ipotesi di mediazione soggette a condizione di procedibilità, che gli organismi dovranno quindi svolgere gratuitamente, senza alcun rimborso da parte dello Stato.
3. Indicazioni Pratiche: DM 180/2010: https://www.mondoadr.it/normativa/decreto-18-ottobre-2010-180-aggiornato-con-le-successive-modifiche-del-dm-14511-del-dm-13914.html
Art. 18
Organismi presso i tribunali
1. I consigli degli ordini degli avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del tribunale. Gli organismi presso i tribunali sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16.
Organismi istituiti dal Consiglio dell’ordine presso i Tribunali: L’articolo 18 stabilisce che i consigli degli ordini forensi possono costituire organismi di conciliazione, da iscrivere a semplice domanda, che facciano uso del proprio personale e dei locali messi a disposizione dal presidente del tribunale. L’iscrizione a semplice domanda è subordinata comunque alla verifica, da parte dell’amministrazione che detiene il registro, di alcuni requisiti minimi, che consentono all’organismo il materiale svolgimento dell’attività.
Art. 19
Organismi presso i consigli degli ordini professionali e presso le camere di commercio
1. I consigli degli ordini professionali possono istituire, per le materie riservate alla loro competenza, previa autorizzazione del Ministero della giustizia, organismi speciali, avvalendosi di proprio personale e utilizzando locali nella propria disponibilità.
2. Gli organismi di cui al comma 1 e gli organismi istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo
1. Organismi istituiti presso gli ordini professionali e le camere di commercio: L’articolo 19 prevede la facoltà di istituire organismi di conciliazione presso i consigli degli ordini professionali e risponde all’esigenza di sviluppare organismi in grado di dare rapida soluzione alle controversie in determinate materie tecniche (ad es. in materia ingegneristica, informatica, contabile ecc.). Rispetto alla facoltà concessa ai consigli degli ordini degli avvocati, quella riservata agli altri ordini professionali si differenzia sotto due profili: l’istituzione degli organismi richiede la previa autorizzazione del Ministero della giustizia e non può comportare oneri logistici ed economici a carico dello Stato. Non solo il personale, ma anche i locali per lo svolgimento della mediazione devono essere messi a disposizione dagli ordini stessi. Inoltre, ai sensi dell’art. 19 secondo comma, anche gli organismi di conciliazione che abbiano ottenuto l’autorizzazione ministeriale, e quelli istituiti presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono iscritti al registro a semplice domanda. Anche in questo caso l’iscrizione a semplice domanda non priva l’amministrazione che detiene il registro del potere di verificare l`esistenza dei requisiti minimi, né dei poteri di vigilanza successivi.
Capo IV
DISPOSIZIONI IN MATERIA FISCALE E INFORMATIVA
Art. 20
Credito d’imposta
1. Alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà.
2. A decorrere dall’anno 2011, con decreto del Ministro della giustizia, entro il 30 aprile di ciascun anno, è determinato l’ammontare delle risorse a valere sulla quota del “Fondo unico giustizia” di cui all’articolo 2, comma 7, lettera b), del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, destinato alla copertura delle minori entrate derivanti dalla concessione del credito d’imposta di cui al comma 1 relativo alle mediazioni concluse nell’anno precedente. Con il medesimo decreto è individuato il credito d’imposta effettivamente spettante in relazione all’importo di ciascuna mediazione in misura proporzionale alle risorse stanziate e, comunque, nei limiti dell’importo indicato al comma 1.
3. Il Ministero della giustizia comunica all’interessato l’importo del credito d’imposta spettante entro 30 giorni dal termine indicato al comma 2 per la sua determinazione e trasmette, in via telematica, all’Agenzia delle entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati.
4. Il credito d’imposta deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi ed è utilizzabile a decorrere dalla data di ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nonché, da parte delle persone fisiche non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in diminuzione delle imposte sui redditi. Il credito d’imposta non dà luogo a rimborso e non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi, né del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
5. Ai fini della copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal presente articolo il Ministero della giustizia provvede annualmente al versamento dell’importo corrispondente all’ammontare delle risorse destinate ai crediti d’imposta sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle Entrate – Fondi di bilancio”.
1. Le agevolazioni fiscali
Le disposizioni in materia fiscale del procedimento di mediazione, relativamente al diritto al credito di imposta sono disciplinate, al capo quarto, dall’art. 20 comma 1 del decreto legislativo 28/2010, in base al quale alle parti che corrispondono l’indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d’imposta commisurato all’indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3. In caso di insuccesso della mediazione, il credito d’imposta è ridotto della metà. Va sottolineato che il credito di imposta spetta in misura integrale e fino a concorrenza del limite massimo di 500 euro, soltanto nel caso di successo della mediazione, ovvero quando la procedura si conclude con verbale di accordo tra le parti. Nel caso inverso, di non accordo tra le parti e conseguente esito negativo della mediazione, il credito d’imposta spettante è ridotto nella misura del 50%.
Si veda anche sub art. 17
Si veda anche https://www.mondoadr.it/articoli/i-vantaggi-economicofiscali-della-mediazione-ex-d-lgs-04032010-n-28-2.html
Art. 21
Informazioni al pubblico
1. Il Ministero della giustizia cura, attraverso il Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio e con i fondi previsti dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, la divulgazione al pubblico attraverso apposite campagne pubblicitarie, in particolare via internet, di informazioni sul procedimento di mediazione e sugli organismi abilitati a svolgerlo.
Commento: Omissis
Capo V
ABROGAZIONI, COORDINAMENTI E DISPOSIZIONI TRANSITORIE (OMISSIS)