Si è svolta la tanto attesa udienza alla Corte Costituzionale. Ritenuti preliminarmente inammissibili gli interventi di numerosi soggetti, tra cui il CNF, ADR Center e l’Avvocatura dello Stato sono state le sole parti chiamate a sostenere la costituzionalità delle norme contestate. La pronuncia è attesa tra circa un mese. Di seguito una sintesi dell’intervento di ADR Center, tratta dalla articolata memoria depositata tempo addietro.
Sintesi della posizione di ADR Center
SULLA PRIMA QUESTIONE
1) L’obbligatorietà del tentativo è espressamente menzionata come possibilità dal legislatore comunitario, cui quello nazionale si deve riferire in base alla Delega. In più, a livello comunitario è richiesto che la normativa nazionale sia comunque efficace in termini di numero di mediazioni prodotte (Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2011 e interrogazione parlamentare del 15 ottobre 2012).
2) L’obbligatorietà, sia pur implicitamente, è anche prevista dalla Delega. Il riferimento a decreti delegati che “non precludano” l’accesso alla giustizia altrimenti non si spiega (la mediazione volontaria, infatti, preclusiva non lo è per definizione!). Inoltre, il tentativo obbligatorio è già previsto, e ha più volte passato il vaglio della Consulta, nel nostro ordinamento, con le cui previsioni la nuova normativa si deve coordinare. Infine, il “mille-proroghe” 2010, nel rinviare con atto parlamentare l’entrata in vigore del tentativo obbligatorio per alcune materia, dimostra che il Parlamento intendeva creare il meccanismo obbligatorio, in taluni casi.
3) Il tentativo obbligatorio di conciliazione non è eccessivamente gravoso per la durata e i costi contenuti. In caso di gratuità, inoltre, si porrebbe il problema della professionalità, richiesta anche in sede comunitaria, e della assenza di fornitori del servizio (forse non solo privati). Il servizio è senza costo alcuno per gli aventi diritto al “gratuito patrocinio”. In ogni caso, vi sono poi benefici per la parte che deve avviare la mediazione anche in caso di mancata partecipazione del convocato (la valenza del verbale negativo ai fini processuali) o di mancato accordo (l’utilità della tentata mediazione in vista del successivo giudizio e, come nel caso precedente, la possibile proposta del mediatore). I benefici in caso di accordo paiono invece evidenti, non solo in termini di tempi e costi risparmiati. Infine, va considerata l’effettiva valenza e incidenza della “proposta del mediatore”, che in realtà è priva di automatismi capaci di generare conseguenze pregiudizievoli. Innanzitutto, in base al DM 145 la disciplina della proposta è rimessa al regolamento dell’Organismo adito, che ne può anche escludere formalmente la formulazione, salvo il caso della richiesta ad opera di tutte le parti. Inoltre, vi sono protocolli importanti, quale quello ANIA in materia di RC auto, che espressamente escludono la proposta in assenza di richiesta unanime delle parti. Ancora, in merito alla possibilità che sia persino il vincitore a subire le conseguenze previste dall’art. 13 del D.lgs 28/2010 (avendo in passato rifiutato la proposta), occorre ricordare la salvezza di norme come l’art. 96, che consentono di valutare comunque negativamente la condotta della parte soccombente (che aveva proposto la mediazione), escludendo – appunto – qualsivoglia automatismo. In aggiunta, va menzionata l’ipotesi che la proposta incida negativamente sul convocato, avendo la parte istante scelto un organismo che formula la proposta, in ipotesi, “sempre e comunque”. In questi casi, la scelta di un tale organismo, che per legge il convocato subisce, potrà essere valutata dal giudice per riconoscere, ad esempio, l’esistenza di un “giustificato motivo” alla non partecipazione (discorso ben diverso varrà ovviamente quando a “subire” le conseguenze negative della proposta sia colui che ha scelto un organismo che, da regolamento, faccia “liberamente” tale proposta). Infine, e forse soprattutto, va ricordato che la proposta del mediatore prevede quasi sempre elementi “creativi” — di valore magari indeterminabile, ma non per questo irrilevanti (si pensi, in ipotesi, al valore di una lettera di scuse in un caso di diffamazione) — che ne rendono la “conformità” al provvedimento che conclude il giudizio cosa assai rara.
SULLA SECONDA QUESTIONE
4) La questione di illegittimità costituzionale viene fondata sul rilievo che, nel silenzio della Delega, il D.lgs. 28 avrebbe creato un meccanismo in grado di incidere sui diritti degli interessati in modo definitivo, e di efficacia pari a quella assicurata da una pronuncia giurisdizionale, senza garantire un’adeguata formazione dei mediatori.
5) La questione è infondata. La “incisione” sui diritti è ipotesi remota (nel solo caso di proposta del mediatore non accettata) e comunque non automatica [cfr. punto 3), supra].
6) Quanto alla figura del mediatore, in nessun paese al mondo questi deve essere avvocato o anche solo giurista. Anzi, la Direttiva precisa che il mediatore è tale “indipendentemente dalla professione”. In ogni caso, la normativa consente la valorizzazione della specializzazione giuridica, che in base al DM 145 può diventare, nei singoli casi, un requisito imprescindibile nella nomina del mediatore da parte dell’organismo. Inoltre, la normativa italiana è assai dettagliata in materia di formazione dei mediatori, prevedendo persino un registro degli organismi a tal fine accreditati.
7) Anche la disciplina degli organismi di mediazione è tra le più dettagliate ed esigenti al mondo. Prova ne è l’elenco delle incombenze degli organismi, e dei poteri-doveri di chi è chiamato a vigilarli. Se fatta rispettare, la normativa vigente può rendere un gran servizio alla collettività.
2 commenti
L’impostazione difensiva esposta da ADR Center appare ben articolata ed adeguatamente supportata. Si tratta di difendere e sostenere uno strumento che può rendere un gran servizio alla collettività e che, sul piano nazionale, continua tuttavia ad essere avversato in maniera strumentale da una categoria di professionisti.
Ma del comunicato stampa pubblicato sul sito della Corte che dire?